Ancora più piccole delle conosciute sorelle “microplastiche”, le nanoplastiche sono particelle dell’ordine di grandezza del micron che riescono a risalire la catena alimentare passando dalle piante agli animali.
La scoperta arriva da uno studio pubblicato su Nano today, in cui si è simulato in laboratorio quanto avviene in natura.
Un gruppo di ricercatori, ha alimentato una lattuga con 250 nm di particelle di polistirene e polivinilcloruro (PVC). Dopo 14 giorni, la lattuga è stata data in pasto a delle larve di mosche soldato nere (Hermetia illucens) che dopo altri cinque giorni sono a loro volta diventate cibo per dei pesci chiamati rutili (Rutilus rutilus). Terminata la catena, gli studiosi hanno dissezionato ed esaminato i tessuti di ogni pianta e animale coinvolto nell’esperimento.
Il viaggio delle nanoplastiche: risultati sperimentali
Dall’analisi dei risultati è emersa la presenza delle nanoplastiche nelle branchie, nel fegato e nell’intestino del pesce, nella bocca e nelle viscere degli insetti e nelle foglie della lattuga. I due tipi di plastica, inoltre, si sono comportati in modo diverso: la lattuga ha infatti assorbito meno polistirene e più Pvc, e per questo motivo quest’ultimo è stato ritrovato in maggiori quantità negli insetti e nel pesce.
Non tutti i risultati sono negativi però!
Siamo per lo meno salvi dal fenomeno della biomagnificazione. Queste particelle cioè non si accumulano negli organismi in maggior quantità man mano che di risalgono la catena alimentare, (come, invece, accade per il mercurio).
I rischi per la salute
Quanto emerso da questo studio pone l’accento sulla gravità dei nostri gesti sull’ambiente e sulla salute.
La preoccupazione degli esperti riguarda il fatto che questi frammenti di plastica sono sufficientemente piccoli da riuscire a passare attraverso diverse barriere fisiologiche, a differenza – ad esempio – delle microplastiche.