I calcoli renali – identificati dal termine medico “nefrolitiasi” o “litiasi renale” – sono delle piccole aggregazioni di sali minerali che si formano lungo il decorso delle vie urinarie. Questi “sassolini” derivano dalla precipitazione e dall’aggregazione di alcune sostanze normalmente presenti nelle urine. Una volta formati, con il passare del tempo, i calcoli tendono a passare dal rene alle vie urinarie inferiori, quindi all’uretere, da qui alla vescica e, infine, nell’uretra per essere espulsi all’esterno durante la minzione.
Che cosa sono i calcoli renali?
I calcoli renali possono essere costituiti da varie componenti chimiche, singole o in combinazione:
- Nel mondo occidentale la maggior parte dei calcoli è costituita da ossalato di calcio, rappresentano il 90% dei casi e sono radiopachi;
- Meno frequenti ma sempre radioopachi sono quelli di fosfato di calcio;
- Quelli di acido urico, sempre più frequenti, sono radiotrasparenti, cioè invisibili nelle radiografie standard ma non alla ecografia. Presentano la caratteristica favorevole di sciogliersi completamente solo alcalinizzando le urine con una terapia medica senza dover ricorre alla chirurgia;
- Quelli di cistina, assai rari, spesso si manifestano fin dall’infanzia in pazienti portatori di una condizione patologica ereditaria definita cistinuria. Spesso causano calcolosi complesse, voluminose, molto dure e difficili da trattare;
- Capitolo a parte meritano i calcoli generati dalle infezioni delle vie urinarie (fosfati tripli), provocati da batteri che producono una matrice proteica che facilita la precipitazione dei sali disciolti nelle urine.
La calcolosi urinaria è una patologia molto diffusa nel mondo occidentale, e in Italia in particolare. Si calcola che colpisca circa il 10% della popolazione maschile e il 5% della popolazione femminile.
L’età con maggiore incidenza è quella compresa tra i 30 e i 50 anni.
Le recidive sono molto frequenti, tanto da verificarsi in una percentuale che varia, a seconda degli studi, dal 25 al 50% dei casi dopo 5 anni.
L’incidenza stimata in Italia è di circa 100.000 nuovi casi all’anno.
Tra le cause, viene data molta importanza alla familiarità, a una dieta squilibrata e alla scarsa assunzione di liquidi.
Diagnosi
La metodiche per diagnosticare la calcolosi sono:
- La prima scelta è l’ecografia, che fornisce informazioni sufficientemente dettagliate senza esporre il paziente a radiazioni.
- La TAC, generalmente senza mezzo di contrasto, solo nei casi dubbi o in cui bisogna decidere la strategia chirurgica più adatta.
CURA E TERAPIA
Per fortuna di solito non è necessario ricorrere all’intervento chirurgico.
Infatti la maggior parte dei calcoli renali vengono espulsi naturalmente bevendo molta acqua (due o tre litri al giorno). Spesso il paziente può restare a casa durante questa terapia, bevendo molti liquidi ed assumendo farmaci analgesici se necessario.
Il medico di solito chiede al paziente di conservare il calcolo, una volta espulso. Questo per ulteriori analisi di laboratorio (per raccoglierlo si può usare una tazza o un colino).
Intervento chirurgico
L’intervento chirurgico può rivelarsi necessario per rimuovere il calcolo renale se il cristallo:
- Non viene espulso dopo un periodo ragionevole e provoca dolore e coliche costanti;
- È troppo grande per essere espulso naturalmente, oppure è collocato in una posizione difficile;
- Ostruisce il flusso dell’urina;
- Provoca un’infezione di lunga durata delle vie urinarie;
- Danneggia i tessuti renali o provoca un sanguinamento costante;
- Si è ingrandito.