Il Libano ha finalmente il suo capo di governo. Si tratta di un uomo molto potente, l’imprenditore Najib Mikati. Mikati, originario di Tripoli, è uno degli uomini più ricchi del paese ed è stato già primo ministro ben due volte. La prima, dal 2004 al 2005 mentre la seconda dal 2011 al 2014. Il nuovo governo sta già suscitando parecchie critiche sulla scena internazionale.
Libano: la situazione nell’ultimo anno
Il paese era senza governo dal 4 agosto 2020 quando, dopo l’esplosione al porto di Beirut, l’ex primo ministro Hassan Diab si era dimesso. Iniziò così un periodo lungo e difficile per il Libano che si trovava già in una crisi dirompente. Najib Mikati è un uomo di esperienza. Il suo scopo sarà quello di dialogare con le istituzioni finanziare internazionali per far in modo che il Libano riesca ad uscire dalla peggiore crisi economica degli ultimi anni.
L’imprenditore Najib Mikati forma un governo con una sola donna
Il nuovo governo è formato da 24 ministri, ripartiti tra cristiani e musulmani. C’è però una sola donna tra le sue file e si tratta di Najla Riachi, alla quale è stato affidato il Dicastero delle riforme amministrative ma senza portafoglio. Questa decisione ha suscitato reazioni aspre da parte di attivisti libanesi, che hanno parlato di “talebanizzazione delle istituzioni” del paese.
Un governo diviso in tre sfere di potere
Il governo è diviso in tre blocchi politici principali: uno capitanato dal cristiano maronita Michel Aoun, vicino al regime siriano, che controlla ministeri come giustizia, energia e difesa; un altro controllato dagli Hezbollah sciiti e filo-iraniani che invece controllano i dipartimenti finanziari e dediti ai lavori pubblici; l’ultimo, che vede i suoi leader nel premier Mikati e nel druso Walid Jumblatt. L’imprenditore Najib Mikati, negli ultimi anni, ha dovuto affrontare alcune pesanti accuse come clientelismo e corruzione. A contestare Mikati erano stati anche i movimenti di protesta scoppiati nell’autunno del 2019 quando si intravidero i primi segnali della crisi economica.
Questi movimenti di contestazione ribadiscono sui social che “la nascita del governo Mikati non è un segnale di cambiamento né di riforme ma è il frutto del consolidato meccanismo clientelare di spartizione delle risorse di un paese fallito”.