Il 27 luglio 1835 nasceva Giuseppe Carducci, il quale è stato un poeta e scrittore italiano. Fu il primo italiano a vincere il Premio Nobel per la letteratura nel 1906. Nacque a Lucca (il 27 luglio 1835) a Pietrasanta, e morì il 16 febbraio 1907 a Bologna. Tante opere scritte tra cui: Odi barbare · Poems · Selected verse e molti premi tra cui: Premio Nobel per la letteratura (1906).
L’arte e la letteratura accompagnarono la sua esistenza. Emanazione morale in senso assoluto ma spesso contraddetto da intellettuali servili al potente di turno e se andiamo indietro nel tempo di esempi di questo tipo la storia ne è piena.
Non è stata una vita facile e piena di consensi quella di Carducci, poiché si esponeva molto ed era pieno di ideali.
Alcune poesie sono fortemente ispirate dalla prematura morte del figlioletto e sono tra le piu’ belle riflessioni sulla esistenza umana come pochi artisti hanno saputo rendere. Ha scritto delle poesie roboanti, si, ma anche forti e piene di passione. Per non parlare poi di quelle per il figlio Dante morto prematuramente, e la sua Titti, adorabile fanciulla piena di sensibilità e malinconia.
Oltre all’amore e alla contemplazione rugge nell’irruente spirito carducciano un patriottismo impregnato di motivi pariniani, foscoliani e leopardiani, in una convinta condanna della situazione politica attuale.
Accanto al tema della morte, leitmotiv che sarà ricorrente nell’intera vicenda artistica del nostro secolo, vi è un senso autentico e profondo del religioso, un lancinante e post-manzoniano arrovellarsi attorno all’esistenza di Dio (nel sonetto Il dubbio per esempio), una spiritualità nobile che si tramuterà in anticlericalismo negli anni a venire, certamente per lo scontro con la mentalità bigotta con cui venne frequentemente in contatto.
Gli fu intanto pretestuosamente affibbiata l’etichetta di «misocristista», e qualcuno sparse la voce che il Venerdì Santo del 1857 fosse sceso in paese e in una taverna avesse osato proferire una bestemmia in presenza dell’oste. «È vero» ammetterà, «che io in quell’anno andavo pensando un inno a Gesù con a motto un verso e mezzo di Dante, Io non so chi tu sie né per che modo / venuto se’ quaggiù», ma è altrettanto vero che quel giorno si trovava a Firenze e in quei mesi aveva salutato Jacopone da Todi come Pindaro cristiano, componendo pure una laude al Corpo del Signore.
Tra le sue poesia ricordiamo una di enorme successo dedicata alla maternità:
“Or forte madre palleggia il pargolo forte; da i nudi seni già sazio palleggialo alto, e ciancia dolce con lui che a’ lucidi occhi materni intende gli occhi fissi ed il piccolo corpo tremante d’inquietudine e le cercanti dita: ride la madre e slanciasi tutta amore. (parte della poesia “La Madre”). ” Meravigliosa. Potremmo inserirla tra i nostri ricordi di scuola.
La morte (per cirrosi epatica) lo colse nella sua abitazione di Bologna il 16 febbraio 1907.Fu tumulato con esequie solenni alla Certosa di Bologna.