L’Italia ha uno dei tassi di disoccupazione giovanile più alto.
Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è salito ulteriormente da un livello già molto alto di 28,7%, raggiungendo il 33,8% nel gennaio 2021″: è quanto si legge nella scheda dedicata all’Italia delle Prospettive occupazionali dell’Ocse, presentate oggi a Parigi.
A febbraio 2021 c’erano ancora 945 mila occupati in meno rispetto all’anno precedente, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, il tasso di disoccupazione è aumentato al 10,5% a maggio di quest’anno, dal 9,5% cui si attestava prima della crisi Covid.
“L’Italia è uno dei pochi paesi in cui il tasso di disoccupazione giovanile è rimasto vicino al suo livello massimo per tutta la primavera del 2021. A livello Ocse, invece, il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato dall’11,4% fino ad un picco del 19%, raggiunto già nell’aprile 2020, per poi scendere al 15% ad aprile 2021”- dichiara l’ente parigino.
I dati degli anni precedenti rivelano che: nel 2020, il 66.6 % dei giovani laureati tra i 25 e i 34 anni aveva un impiego lavorativo, con un tasso di disoccupazione dell’11.3%. L’88% degli stessi trova un impiego entro 5 anni dal conseguimento del titolo con una retribuzione di 1500 euro e una età media di 26 anni. Spaventano i NEET, i giovani tra i 15 e i 34 anni non occupati e iscritti a nessun percorso di studi, che si attestano al 25.1 %, con un aumento vertiginoso rispetto al 2019 (+1.3%).
I giovani sono stati particolarmente colpiti dalle devastazioni della crisi” legate al Coronavirus.
“Le ore lavorate dai giovani sono diminuite di oltre il 26%, quasi il doppio della caduta osservata tra adulti e anziani (15%)”.
L’Ocse sottolinea che molti giovani impiegati in settori duramente colpiti e con contratti di lavoro precari, hanno perso il lavoro, mentre quelli che stavano per accedere al mercato del lavoro hanno faticato a trovare lavoro in un contesto di posti molto limitati.
Di conseguenza, il tasso di persone senza lavoro, istruzione o formazione (neet) è aumentato dall’inizio della pandemia.
Secondo il documento ‘Employment Outlook’ dell’Ocse, la ripresa dei livelli occupazionali pre-pandemia non sarà raggiunta entro il 2022. Il Coronavirus ha accentuato le divisioni economiche e sociali, tuttavia la portata senza precedenti del sostegno statale per rilanciare e rinvigorire le nostre economie è un fonte di speranza
Quindi l’appello ai governi e ad approfittare di questo momento storico per contribuire all’avvento di un “lavoro più inclusivo per tutti”.
Il segretario generale dell’Ocse, Mathias Cormann ha dichiarato poi- “ è cruciale attuare un quadro d’azione volto ad incoraggiare l’investimento delle aziende e la creazione di posti di lavoro, ma anche favorire le necessarie evoluzioni in termini di aumento delle competenze, conversione e adeguamento tra competenze e posti di lavoro disponibili, per fare in modo che ognuno abbia la possibilità di partecipare alla ripresa dell’economia e trarne profitto. Un ritiro prematuro degli aiuti metterebbe in pericolo la ripresa economica. È possibile ridurre i costi a breve termine di queste misure mirando maggiormente gli aiuti su settori, aziende e nuclei più vulnerabili, incentivando al tempo stesso le start-up e la creazione di posti di lavoro”.