16 giugno 1887 oggi , celebriamo e ricordiamo la nascita di Achille Lauro, ripercorriamo la sua poliedrica vita.
Il “comandante”, Achille Lauro, nato il 16 giugno 1887 a Piano di Sorrento, figlio di armatore, è stato uno dei più famosi e discussi personaggi legati all’imprenditoria e alla politica nell’Italia a cavallo tra primo e secondo dopoguerra è stato un armatore, politico, editore e dirigente sportivo italiano.
La parabola della sua leadership politica fu l’espressione di un fenomeno politico-sociale definito come “laurismo”, caratterizzato dalla costituzione di “un esteso e ramificato sistema di interessi” su cui convergeva un largo consenso “di stampo populista fondato sul culto del Comandante”, appellativo con cui era chiamato dal popolo napoletano in quanto a capo della Flotta Lauro.
Nota la battuta di Totò, che durante una puntata de Il Musichiere, celebre quiz della prima Rai, davanti a un imbarazzato Mario Riva, pronunciò da buon monarchico: “Viva Lauro!”. Sì, perché Lauro, dopo una militanza nei vertici del Partito Nazionale Fascista – per intenderci quello degli anni trenta, cioè della legge razziale e della persecuzione agli ebrei – e dopo un paio di anni di carcerazione presso un campo di detenzione anglo-americano, divenne uno dei riferimenti del partito nostalgico di casa Savoia, della discendenza del Re che pochi anni prima era scappato a Brindisi lasciando l’Italia nelle mani di tedeschi e americani che si fronteggiarono distruggendo vite umane, case, industrie: distruggendo il paese.
Fu pure il proprietario di una delle flotte civili più imponenti della storia nazionale, ma è ricordato soprattutto per le sue “imprese” da sindaco di Napoli: la prima scarpa donata agli elettori prima del voto, la seconda dopo; i pacchi di pasta in cambio del consenso elettorale; la consegna della città, delle sue colline verdi, il Vomero, i Camaldoli, Posillipo, nelle mani di palazzinari senza scrupoli, fuori legge, le cui modalità, il cui stile, le cui colate di cemento armato, furono ben documentati e denunciati dal film di Francesco Rosi, Le mani sulla città.
Fu pure presidente del Calcio Napoli.
In un certo senso ricordarlo è importante perché il suo stile di comando e di spregiudicatezza ha inaugurato condotte che arrivano direttamente dal mondo fascista e monarchico, legato alla delinquenza locale, fino al berlusconismo: ricchezza, calcio, aggiramento delle regole, speculazione edilizia, legami con le mafie.
Una delle pagine più oscure della storia della Repubblica e della già martoriata città di Napoli, la manifestazione di una politica corrotta, connivente, opportunista, antiecologica, fuorilegge. Il populismo destrorso del “comandante” non valse a frenare il tracollo delle sue flotte, negli anni ottanta. Fu indagato per “voto di scambio”. Morì a 95 anni, ma con lui non sono purtroppo morti i guasti che ha prodotto, la devastazione della città di Napoli di cui si è reso responsabile, e nemmeno il suo stile anti-democratico e demagogico.