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Dario Fo: 24 marzo 1926 nascita di un grande artista

Il 24 marzo del 1926 nacque a Sangiano, Dario Fo, uno degli autori, attori, scenografo, regista e poeti più importanti della storia culturale italiana.

“Se non sai da dove vieni, non riuscirai mai a capire dove vuoi arrivare”, questo il suo motto, più volte ribadito e scandito a chiare lettere, soprattutto ai giovani.

Dal teatro alla letteratura, l’artista dai “mille volti”

Una formazione artistica vasta quella di Dario Fo, inclusi gli studi presso l’Accademia delle Belle Arti di Milano.

Esordì alla radio nel 1952, scrivendo con Franco Parenti i testi della trasmissione satirica Poer nano.

Nel 1955 l’incontro con Franca Rame (divenuta poi compagna di vita) che, nata in una famiglia di attori, lo avvicinò al patrimonio italiano della commedia dell’arte. Nacque in questo modo lo stile unico ed inconfondibile del celebre drammaturgo, regista e attore; una perfetta sincronia tra surrealismo e tradizione colta, tutto basato su un’ampia ricerca filologica e linguistica.

Nel 1959 fondò con Franca Rame, una compagnia che per tutti gli anni Sessanta calcò le scene producendo uno spettacolo all’anno. 

Dario Fo colorava di passione ed ironia, ma anche di forte raziocinio, le sue opere, dai libri al teatro. Immensa la produzione letteraria e teatrale che oggigiorno abbiamo a disposizione.

Tante le opere di protesta dalle quali possiamo attingere elementi perfettamente contestualizzabili.

Sicuramente due delle opere più rappresentative sono: “Non si paga! Non si paga!” del 1974 e “Clacson, trombette e pernacchi” del 1981, ma anche “Il diavolo con le zinne”. Rappresentazioni vive di una società fortemente variegata, basata su principi tra loro diversi, e molto stratificata. 

Testi attuali, al passo coi tempi, che permettono di riflettere, ridere, ironizzare, innovare e anche sorprendere.

Nel 1970 fece discutere l’opera intitolata “Morte accidentale di un anarchico”, scritta di getto dopo la strage di piazza Fontana. Non un’opera qualsiasi, ma una vera e propria denuncia sociale.

Una scrittura che forava il muro d’omertà, attraverso la penna di uno degli artisti più amati della storia letteraria e teatrale non solo italiana.

Dario Fo raccontava storie, tante, una dopo l’altra, rivestite di cultura, soprattutto greca, orientale, del Nord, troppo spesso tenute nascoste. Studiando cose apparentemente banali, il celebre autore e scrittore, scopriva ed esprimeva la realtà. 

Dario Fo, l’amore per la lingua e la nascita del Grammellot

Nel corso del tempo sviluppò un amore incredibile per la lingua italiana, che egli stesso plasmava, lasciandosi trasportare dalla quantità enorme delle forme idiomatiche, di “incantesimi” che il linguaggio sa proporre.

Un esempio concreto relativo alla sua passione linguistica è “Mistero buffo”, uno spettacolo recitato in una lingua “particolare” che fondeva, contaminandoli e fondendoli, diversi dialetti lombardo-veneto-friulani con la sua personale memoria della lingua dei giullari medievali.

Questa lingua è indicata da Dario Fo, come “Grammelot”, ossia un discorso del tutto agrammaticale e asemantico, ma ampiamente comunicativo nella sua realizzazione scenica, reso tale grazie alle doti mimiche e vocali dell’attore; basato sui vari elementi linguistici, verbali e para-verbali, che confluisce in un discorso vero e proprio, senza però articolare frasi di senso compiuto.

Ovviamente per poter interpretare il grammellot, occorre un attore capace, dotato di grande competenza, e quasi sempre, come lo scrittore affermava, accade che: “Lo spettatore finge di capire, ma in realtà non ha capito niente”.

Proprio grazie a quest’opera, Dario Fo ricevette il Premio Nobel per la Letteratura, “Per avere emulato i giullari del Medio Evo, flagellando l’autorità e sostenendo la dignità degli oppressi”.

Più di quattrocento opere costellano il variopinto bagaglio culturale dell’artista, nato il 24 marzo del 1926.