Sono passati 50 anni dalla legalizzazione della pillola anticoncezionale, uno dei diritti della donna. La maternità assume, a partire da questo giorno, sempre di più il carattere di una scelta consapevole nei confronti del proprio corpo e del proprio futuro. Questa legalizzazione è una vera e propria conquista per il diritto all’autodeterminazione.
Sono passati 50 anni però, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, dato il lungo lasso di tempo, la contraccezione in Italia è ancora un argomento tabù.
In Italia la cosiddetta rivoluzione contraccettiva è ancora in via di compimento.
Statisticamente una diffusa cultura contraccettiva, insieme con l’insegnamento dell’educazione sessuale ed affettiva già in giovane età, diminuisce significativamente il ricorso all’aborto. Eppure, nel 2021 la scelta di contraccettivi moderni fatica a radicarsi nella popolazione mentre l’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole risulta ancora oggi osteggiato.
50 anni dalla legalizzazione della contraccezione: le statistiche dell’Atlas europeo
Le notizie riguardo lo stato della cultura contraccettiva in Italia non sono affatto confortanti. L’Atlas europeo 2019, che misura l’accesso ai contraccettivi in 45 stati dell’Europa, ha collocato l’Italia al 26esimo posto con il 58% di accessibilità.
Decisamente distante da Gran Bretagna e Francia, l’Italia è in una situazione simile a quelle della Turchia e dell’Ucraina.
Secondo le statistiche Istat una persona su quattro sceglie ancora il coito interrotto, metodo contraccettivo che si dimostra altamente rischioso. Sicuro solo in apparenza, questo metodo non esclude affatto la possibilità di una fecondazione né i rischi delle malattie sessualmente trasmissibili, eppure risulta ancora il più diffuso nel nostro Paese.
I giovani italiani, sempre secondo questi dati, sono molto disorientati rispetto alla scelta e all’uso della contraccezione. L’89% dei ragazzi e l’84% delle ragazze si affida completamente alle ricerche online per acquisire informazioni. Il che, se non significa necessariamente disinformazione, nasconde comunque il rischio di acquisire nozioni inesatte.
Educazione sessuale: il fanalino di coda d’Europa
Restiamo, riguardo l’educazione sessuale nelle scuole, il fanalino di coda d’Europa. In Svezia l’educazione sessuale è materia d’insegnamento dal 1955. In Austria dal 1970, in Germania dal 1995, in Francia dal 2001, nel Regno Unito dal 2017.
L’Italia — insieme con Polonia, Lituania, Cipro, Romania, Ungheria, Bulgaria — rientra ancora nelle nazioni che non accennano minimamente alla sfera sessuale ed affettiva nei programmi scolastici.
Il presidente dell’AIED, Associazione Italiana per l’Educazione Demografica, Mario Puiatti ha dichiarato: “all’alba del terzo millennio, in Italia c’è un traguardo sul quale aggregare l’impegno di tutti ed è l’introduzione dell’educazione sessuale ed affettiva come materia d’insegnamento sui banchi di scuola. Siamo il fanalino di coda d’Europa ⌈…⌉”.
Aggiunge, con preoccupazione: “alle nostre figlie e ai nostri figli non restano che i modi informali: le informazioni che arrivano da amici o genitori, più spesso dal web e ovviamente dai siti pornografici“.
Per questo, secondo il presidente, la campagna di sensibilizzazione verso una sessualità ed una maternità consapevole, portata avanti proprio da AIED, deve continuare senza sosta.