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Quella volta che a Napoli furono banditi i baci in pubblico

C’è nella storia pre-moderna di Napoli un episodio che assai bizzarro appare alla nostra contemporaneità, riguardante quella volta in cui furono proibiti i baci in pubblico.

Si, avete letto bene, furono proibiti i baci e qualsiasi altro tipo di effusione in pubblico, vista come trasgressione all’editto emanato e sulle cui ragioni vigono motivi che riguardano la morale pervasa dal senso spirituale-cristiano quanto l’aspetto sanitario.

Correva l’anno 1562 quando la mattina del 9 marzo il bando emanato dal Viceré Pedro Afán de Ribera, Duca di Alcalà, indicava testualmente ai sudditi del regno di Napoli della casa di Madrid che – Gli atti violenti esercitati contro l’altrui pudicizia, che non consistono nella congiunzione carnale, tutti indistintamente noverano nella categoria degli stupri tentati. 

Le punizioni per i trasgressori, sorpresi a scambiarsi effusioni di qualsiasi genere in luogo pubblico  andavano dalle multe alle distorsioni amministrative fino, nei casi più gravi, alla pena di morte per i poveri malcapitati.

Un caso curioso vero, ma le cui ragioni, che spinsero il Viceré a proibire quello che è il più puro dei gesti d’amore, sono da ricercare in primis nella tutela e protezione di tutte le donne della città contro le violenze e gli abusi perpetrati ai loro danni.

Un bacio sbagliato era visto come un atto violento e un atto violento, anche senza congiunzione carnale era visto come un tentato stupro.

Nella weltschaguun dell’antico regime d’area cattolica, per di più soggetta all’influsso controriformista e spagnolo, in cui il “concetto di horna”, di onorabilità convogliava interamente il comportamento dei ceti elevati, quanto delle classi inferiori, l’editto aveva insito motivazioni morali “ad personam”.

Ma questa non era l’unica ragione. 

Secondo alcune testimonianze vi erano altre motivazioni che portarono a quella rigida proibizione atta a limitare quello che per tutti era la manifestazione basica di amore e di amicizia: La peste, che divamperà nel 1565.

Il Duca di Alcalà sarà invischiato in prima persona nel fronteggiare cicli epidemici, endogeni in una delle città più popolate dell’antico regime, favoriti dalle perenni carestie attanaglianti il vicereame di Napoli.

Difatti non era trascorso molto da quando l’epidemia di peste, che aveva messo in ginocchio le città di Venezia e Torino, era stata debellata.

Si potrebbe quindi affermare che, al manifestarsi dei primi sintomi di quella epidemia, il Viceré avesse deciso di muovere accorgimenti atti a limitare il propagarsi della malattia ed eliminare quelle che rappresentavano un fattore di rischio contagi: i baci.

Ragioni igienico – sanitarie quindi, che anche noi oggi conosciamo molto bene dato il terribile periodo che stiamo vivendo e che non è ancora volto al termine.