È naturale cadere in tentazione, a volte la mente umana opera quasi involontariamente. Sebbene il passato debba essere sepolto, a volte sopravvivono con forza ricordi troppo considerevoli, alcune reminiscenze, grosse come macigni, non possono essere insabbiate. Alcuni episodi del passato sono connessi a determinate date storiche, incancellabili nella dimora mentale. È il caso del 7 gennaio 2015, giorno in cui, alle 11:30 del mattino, si è compiuto uno degli attacchi terroristici più illustri del nuovo secolo. Si tratta dell’attentato alla sede di Charlie Hebdo, periodico settimanale satirico francese.
Furono cinque minuti di terrore e di timore, cinque minuti in cui il tempo rimase immobile e la concezione di esso svanì in un attimo. Si contò soltanto l’attimo della sparizione del tempo, poi cominciò a regnare la staticità. Cinque minuti nei quali la branca yemenita di Al-Qā ida provocò la morte di dodici individui, undici, invece, i feriti, di cui cinque gravi ma non più in pericolo di vita. Una vicenda promotrice di scalpore, scalpore che colpì la Francia e l’intera Europa.
L’attentato alla sede di Charlie Hebdo rappresenta il quarto attacco terroristico con il maggior numero di vittime in Francia. Si trattò di un avvenimento agghiacciante, anche per il modo in cui le persone furono sterminate. Gli autori del tremendo atto avevano il volto coperto, la brama di uccidere e un gelido sangue freddo. Kalashnikov: questa l’arma da fuoco con cui essi fecero irruzione all’interno della sede ed aprirono il fuoco senza nessuna pietà.
Gli attentatori si dichiararono affiliati di Al-Qaeda ed imposero a Corinne Rey, disegnatrice tenuta in ostaggio e poi rilasciata, di inserire il codice numerico per entrare nella sede di Charlie Hebdo. Fuorono numerosi i colpi sparati dagli artefici della pazzia. Le loro bocche si aprirono ed urlarono a squarciagola “Allahu Akbar“, causando la morte di individui incolpevoli di qualaisi azione. Una patina ghiacciata infagottò quel luogo, rendendolo macabro e lugubre.
Il gruppo di persone, che perse la vita durante l’attentato alla sede di Charlie Hebdo, era costituito due agenti assegnati alla protezione del direttore, ben otto giornalisti ed un ospite, invitato a partecipare alla riunione di redazione, oltre una psicoanalista. Furono eliminati i più famosi vignettisti della Redazione e Stephan Charbonnier, direttore del settimanale. Nel tentativo di assalto alla sede francese morì anche l’azionista della testata parigina e collaboratore di “France Inter“, denominato Bernard Maris.
Dopo l’episodio, i colpevoli fuggirono repentinamente, aggredendo un automobilista e impossessandosi della sua auto. Nel corso della fuga, fu investito anche un pedone a porte de Pantin, situato nella zona nord di Parigi. Quest’auto è stata poi ritrovata poco dopo; si suppone che i tre abbiano proseguito il loro percorso con un’altra automobile. L’indagine degli autori dell’attentato fu immediata, la ricerca fu asfissiante, una e vera e propria caccia dei killer su tutto il suolo francese, in ogni parte della nazione.
Nella serata dell’attentato alla sede di Charlie Hebdo, è giunta l‘identificazione dei tre assaltatori. Non si è trattato, comunque, della prima volta che il settimanale satirico viene attaccato. Sono trascorsi sei lunghi anni da uno degli episodi più raccapriccianti di tutta la storia francese, forse anche europea; eppure, quel tragico contesto e la scena degli individui eliminati dipingono di rosso le pareti delle nostre menti. Il 7 gennaio 2015 fu un giorno molto triste ed attualmente ognuno di noi ha il dovere di onorare le vittime di un atroce accaduto.