Il figlio è andato via, ha abbandonato la propria dimora, senza salutare, senza dire una parola, in silenzio, tra lo scalpore e il tormento; il padre ora soffre, piange, è addolorato per un dispiacere provocato da una ferita insanabile, difficile da ricucire ed ancora troppo aperta per distruggere la sofferenza provocata da essa. Il folgore del bagliore è ormai smorzato, la stella più luminosa del firmamento è precipitata nelle profonde viscere di un epilogo terminato nel peggiore dei modi; la sacralità continuerà comunque a regnare sul globo ma l’essere divino ora non c’è più, Diego Armando Maradona ha cominciato la sua ascesa, l’ultimo volo del dio del calcio verso il suo luogo di origine, l’Olimpo.
Tra i tifosi azzurri regna il dispiacere e il rammarico per la scomparsa dell’emblema della città di Napoli: un gigantesco e folto gruppo di individui si è riunito lungo una parte della circonferenza del San Paolo, creando un enorme semicerchio con un diamentro immenso. Sebbene le numerose regole restrittive gettate al vento e il divieto di abbandonare la propria abitazione a causa della zona rossa imposta dalla Regione Campania, fatta eccezione per alcune esigenze determinate, un’atmosfera magica e surreale ha infagottato l’impianto sportivo azzurro; le parole dei cori, intonati a squarciagola dai tifosi, hanno distrutto ogni elemento costitutivo dell’aria terrestre, a partire dall’ossigeno all’azoto, attraverso il vapore acqueo e l’anidride carbonica. Lo stesso Lorenzo Insigne, prima dell’ingresso in campo, si è recato sotto la Curva B per rendere omaggio al caro Diego. Il muro del San Paolo era costellato da sciarpe, scritte e differenti omaggi dedicati al calciatore più forte della storia del calcio.
Abbracci, sentimenti autentici e sinceri, intense lacrime, meglio se di gioia che di dolore, una spirale di trepidazioni ha attorcigliato ogni spalto dello stadio; anche all’esterno dell’impianto, l’ambiente era incandescente, l’incanto anche lì si è diffuso repentinamente. Il team della testata giornalistica denominata XXI Secolo si è dato da fare e non ha perso tempo: attraverso Edoardo Riccio, insieme ad sua cara fotografa, si è recato al di fuori del rettangolo verde per tentare di porre dei quesiti ad alcuni dei migliaia di tifosi presenti, tra il caos regnante e la folla gremita.
Alla prima domanda effettuata, chiedendo perché quel numero elevato di individui fosse lì, un ragazzo si esprime a riguardo cominciando la sua risposta con “Siamo qui“: prima persona plurale, pronome che racchiude l’intero popolo azzurro, tutta la città di Napoli, l’intera Regione Campania, qualaisi parte della penisola italiana, ogni nazione del continente Eurasia, il pianeta in modo totale.
Non ha avuto modo di vivere Maradona, non ha avuto la possibilità di poterlo ammirare dal vivo, soltanto dai lunghi video presenti sul web o, in modo più romantico, dalle fiabe meravigliose, raccontate dai suoi genitori. Hanno funto da veicolo per innamorarsi di un tale prodigio, oltre ovviamente una frase della sua cara nonna, scritta a mano su un foglio con una semplice penna dal medesimo ragazzo, commosso ed emozionato, portato lì per rendere omaggio a Maradona e ricordare nel suo segno un proprio caro. La sua voce tremolante esclama “Sei stato il sogno azzurro più bello della mia vita, continuerò ancora a sognarti. Per tutti eri un piccolo, ma un grande supereroe. Ciao Diego dalla tifosissima Rita”. Dalla bocca del giovane Marco escono soltanto dolci parole, avvolte da uno strato di miele: attraverso gli occhi di sua nonna ha potuto contemplare un talento come Maradona, una sorta di specchio che risplendeva l’attitudine del campione argentino. In età infantile, quando si infilava la sfera in rete, il primo nome urlato con decisione è stato “Diego“, una fonte di ispirazione eterna, sorgente di vocazione, matrice senza principio nè fine.
Maradona è stato intoccabile per il mondo del calcio, un essere divino che realizzava imprese incredibili, i suoi tocchi erano graziosi e raffinati, non può essere paragonato a nessuno perché nessuno è stato in grado di raggiungere tali livelli, quantomeno tentare di sfiorare la sua sacralità. Ma Diego, per il ragazzo come per tutti, è anche raffigurazione del riscatto sociale, non solo della sua Napoli, una città che è salita sul tetto dell’Italia e dell’Europa con il supporto fondamentale del suo numero “diez“, ma anche della sua terra desolata, della sua povera nazione, della sua amata Argentina.
Si punta un’altra persona, con qualche anno in più, semplicemente qualcuno che è ha avuto l’onore di poter apprezzare e lodare sugli spalti del San Paolo la figura principale del calcio, Diego Armando Maradona. E di questa buona sorte, fortunatamente, ne hanno goduto numerosi amanti del calcio. Il viso dell’uomo intervistato era rigato dalle lacrime e la voce emozionata per il ricordo della morte del giocatore più forte di tutti i tempi, ma anche appassionata per essersi preso una cotta, in più occasioni, per il calciatore azzurro. “Prima di Maradona, la società Napoli non era quasi nessuno, anzi era una squadretta simpatica per il resto dell’Italia. Nel momento in cui Diego è approdato in città, il Napoli ha cominciato a trionfare“. E che trionfo si può aggiungere! È pazzesco ciò che è stato edificato da un uomo soltanto, si dimentica però che si tratta dell’uomo più potente di tutte le epoche, calcisticamente parlando; un’imbarcazione vincente quella azzurra negli anni passati, in viaggio verso i confini dell’Italia e dell’Europa, scortata dal suo fedele e glorioso condottiero.
“Com’era Maradona quando giocava?” chiede Edoardo Riccio, giovane appassionato di calcio, anche egli commosso nel sentire la voce stridula dell’intervistato “Affascinante?” continua sempre lui. “Delirante, più che affascinante, ti riscaldava il sangue nelle vene“: da lassù caro Diego ascoltaci, quanta ammirazione riesce ad arrivare fino a te? Qui è presente un incanto straordinario per la tua figura, non si nota? Riesci a percepirlo?
E per quanto riguarda il San Paolo? “Lo stadio deve essere intitolato a Maradona, anzi” prosegue l’interrogato “Io farei di più, farei costruire uno stadio nuovo nel suo nome“. Il San Paolo ha fatto la storia ed ha ospitato il suo grande campione, ha un certa valenza, ma forse un cambiamento del nominativo potrebbe simboleggiare un corretto tributo per un talento incredibile, il quale ha onorato la maglia azzurra fino alla fine.
L’ultima domanda ad un altro giovane tifoso è stata molto toccante, forse per ciò che è stato pronunciato, magari per l’affetto viscerale da parte dei ragazzi verso un personaggio soltanto narrato, ma mai vissuto veramente: “Quanto amava Maradona la città di Napoli?“. Silenzio, assenza di rumori, perfino gli altri individui interrompono i loro cori e si fermano a riflettere. In effetti, pensandoci, per le decisioni stabilite e per i grandi successi ottenuti insieme con il sangue e con il sudore, Diego quanto amava questa città?
Attimo di esitazione e poi “Per me Maradona amava tanto Napoli e ciò lo si può evincere anche dalle sue parole passate; la città campana assomigliava a Buenos Aires, il centro urbano del riscatto argentino, dove abitava in Villa Fiorito. Quando egli disse “voglio rendere omaggio agli scugnizzi di Napoli come ho reso giustizia ai ragazzi di Buenos Aires” ciò dimostra tutto il sentimento provato dal numero dieci azzurro“.
Caro Diego, Napoli ti ama come tu hai amato la città, è un legame indissolubile, un rapporto costante che persisterà nel corso del tempo e si aggrapperà alle radici di ogni secolo futuro. Napoli è Maradona e Maradona è Napoli: muta la disposizione dei vocaboli, ma l’amore tra loro sarà immortale, proprio come te. Ciao Diego, mostra il tuo talento anche lassù!