“Vâgh íñ ufézzí” è la nuova osteria “a tempo“, situata in pieno centro, nella città di Bologna. I proprietari, ispirandosi all’antica tradizione emiliana, hanno trovato questa soluzione per cercare di risolvere il problema delle limitazioni che il Coronavirus ha causato nel mondo della ristorazione.
Dal racconto autobiografico di Francesco Guccini possiamo scoprire che, alla fine della seconda guerra mondiale (in via del Pratello), aprì “Il Ghitton“; al suo interno la cuoca serviva un piatto specifico, ovvero pasta e fagioli, e si pagava in relazione al tempo trascorso all’interno del locale. Ogni cliente doveva comunicare per quanti minuti si sarebbe trattenuto, determinando così maggiore o minore contenuto nella ciotola.
L’intento dei proprietari della nuova osteria a tempo, “Vâgh íñ ufézzí”, è quello di dare un valore al tempo trascorso a tavola, poiché nei mesi successivi alla diffusione del Covid-19 è diventato argomento centrale per locali dalle piccole dimensioni. Il tempo – infatti – è molto prezioso in luoghi che possono ospitare, come in questo caso, soltanto poche persone.
La permanenza al tavolo deve essere ridotta, regolata, in maniera tale che possano alternarsi più clienti, durante l’orario di apertura dell’osteria. Questa soluzione originale consente a più persone, con lo stesso budget, di prenotare una fascia oraria durante la quale consumare una certa quantità di cibo.
Sono previste due tipologie di turno: un’ora (pagando 18 euro, vini esclusi) e due ore (26 euro). Il cliente ha così la possibilità di mangiare a volontà, decidendo per quanto si tratterrà. A scandire lo scorrere dei minuti c’è sia un orologio sul tavolo che il suono di una vecchia campana e, in quell’arco temporale, si possono assaporare varie specialità della regione e tanto altro. Questa nuova formula, legata al tempo, si riaggancia – inoltre – a un’abitudine dei pub irlandesi. In Italia, ancora una volta, ci si riorganizza per cercare di far fronte alle problematiche legate al periodo di emergenza.