Ottantasei anni or sono Luigi Pirandello – drammaturgo, scrittore e poeta italiano – ricevette il Premio Nobel per la letteratura.
Si tratta di una delle personalità più importanti della letteratura italiana del XX secolo e il premio che gli venne conferito è da reputarsi non come un riconoscimento relativo ad una sua opera in particolare ma a tutta la sua produzione letteraria.
Quando, nel 1934, gli venne conferito il premio “per il suo ardito e ingegnoso rinnovamento dell’arte drammatica e teatrale” egli era già autore di una certa fama.
La sua prima opera di successo fu Il fu Mattia Pascal. Il testo fu pubblicato nel 1904 e quasi subito tradotto in diverse lingue. Ma solo nel 1922, quando Luigi Pirandello si dedicò totalmente al teatro, cominciò ad esserci un importante ritorno dal pubblico.
L’autore siciliano nacque nel 1867 nella città di Agrigento, nota all’epoca come Girgenti, nome di origine araba. Sin da bambino sembra che sia sempre stato legato in qualche modo alla religione, con una certa attrazione particolare per il soprannaturale in generale.
Ad un certo punto del suo percorso, per via di un accadimento apparentemente banale, Pirandello decise di allontanarsi dalla Chiesa per vivere a modo suo la religiosità. Si tratta di quando un prete, per far sì che questo potesse ricevere un’immaginetta sacra, compromise un’estrazione. Il fatto fu sì di disgusto per il giovane che decise, addirittura, di non voler più avere a che fare con la Chiesa.
Al centro del pensiero dell’artista, certamente le teorie sulla pluralità dell’io – ereditate dallo psicologo Alfred Binet – manifeste nella maggior parte delle sue opere.
Il suo rapporto con il teatro può essere diviso in quattro fasi, partendo dal teatro siciliano, poi quello umoristico grottesco, successivamente quello del “teatro nel teatro”, poi ancora c’è quello del teatro dei miti.
Da quello che è probabilmente il suo romanzo più noto: «Di ciò che posso essere io per me, non solo non potete saper nulla voi, ma nulla neppure io stesso.»