Si cerca di capire cosa sia successo davvero la notte del 4 ottobre, quando è avvenuta la rapina che ha portato alla morte di Luigi Caiafa in attesa dell’autopsia sul corpo del giovane.
“Due o tre colpi di pistola ma nessun alt della polizia”: è quanto dichiara spontaneamente al pm Ciro De Tommaso, complice di Luigi Caiafa, il 17 enne dei Quartieri Spagnoli ucciso da un poliziotto durante una rapina a tre ragazzi in una Mercedes. Per ora De Tommaso resta in carcere e dopo la dichiarazione, si è avvalso della facoltà di non rispondere, perché “troppo provato per la morte del suo amico Luigi“, spiega il suo legale Nando Sgambato.
Nelle intenzioni della difesa di De Tommaso c’è il ricorso al Tribunale del Riesame e la richiesta degli arresti domiciliari. Ancora un mistero cosa sia accaduto realmente in quella rapina a bordo di un motorino che ha avuto il peggiore dei risvolti con la morte del giovane Luigi. Secondo le testimonianze delle vittime dell’azione criminale, l’alt dei poliziotti c’è stato e anche l’ordine di gettare la pistola ai rapinatori. Agghiacciante poi il dettaglio rivelato sempre dai testimoni, secondo cui Caiafa avrebbe incitato il complice a sparare al poliziotto.
Si dovrà quindi aspettare l’interrogatorio di De Tommaso per avere maggiore chiarezza riguardo a quanto affermato. Per ora, il poliziotto che ha sparato i colpi mortali è indagato per eccesso colposo di legittima difesa, come atto dovuto.
Secondo gli inquirenti, Ciro De Tommaso avrebbe puntato la pistola alla testa del ragazzo alla guida della Mercedes, e poi, arrivati i poliziotti l’avrebbe puntata contro di loro. Solo con l’aiuto delle immagini acquisite dalle telecamere si potrà sapere con esattezza come si sono svolti i fatti. Sul fatto che l’arma appartenesse al suo assistito, l’avvocato Sgambato precisa che a tal proposito sarà necessario attendere le dichiarazioni di De Tommaso.