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Robert L. Tools e il primo cuore artificiale autonomo

Proprio il 2 luglio di diciannove anni fa, fu impiantato in un paziente, Robert L. Tools, il primo cuore artificiale autonomo della storia. Siamo in America, Stati Uniti, e in alcuni ospedali viene avviata la sperimentazione di AbioCor, un apparato in plastica e titanio delle dimensioni simili a quelle di un pompelmo.

I tentativi precedenti di trovare un sistema idoneo a sostituire un cuore umano non sano con l’ausilio della tecnologia e della meccanica non avevano dato risultati soddisfacenti: il Jarvik-7, negli anni ’80, ad esempio, non si era rivelato essere una grande soluzione, vista la sua dipendenza da cavi e tubi vari che collegavano il paziente ad un compressore d’aria.

AbioCor, invece, poteva essere contenuto interamente nel corpo, senza necessità di altro, consentendo una grande libertà di movimento e, ovviamente, una migliore qualità di vita.

Fu un ex marine 59enne, Robert L. Tools, a sperimentare per primo le potenzialità di questo dispositivo prodotto dalla Abiomed, azienda con sede a Danvers, in Massachusetts. Con un’operazione svoltasi all’ospedale ebraico di Louisville, nel Kentucky, il dottor Yakov Lavi e il suo team impiantarono il cuore di nuova generazione: l’innovazione di AbioCor stava nel fatto che la batteria si legava alla cintura, aveva una durata di 30 minuti ed era collegata al cuore da un solo cavo. La batteria era in grado di adeguarsi all’intensità dello sforzo fisico e poteva essere controllata manualmente. Tutto ciò consentiva quindi di limitare il rischio di infezioni e garantire una vita quasi normale.

Dopo Tools, altri sei pazienti, tutti gravemente malati e per i quali l’aspettativa di sopravvivenza non superava un mese, furono sottoposti allo stesso tipo di operazione, ma in poco più di un anno già cinque dei sette morirono a seguito dell’intervento, tra cui anche Tools, che venne a mancare esattamente 151 giorni dopo, il 30 novembre 2001, per le complicazioni derivate dal sanguinamento addominale e da un ictus.

La Abiomed, pur ritenendosi soddisfatta del suo prodotto viste le condizioni critiche dei pazienti in questione, riconobbe le falle nel sistema di fissaggio del dispositivo all’organismo, alle quali imputare molto probabilmente la formazione dei trombi che avevano causato il decesso di tre di essi.

Sicuramente, nel breve periodo in più in cui Robert L. Tools era riuscito a sfuggire alla morte, egli poté sfruttare quel tempo per dedicarsi ancora alle cose che amava fare, come andare a pesca. Molti i governatori statunitensi che gli fecero visita durante la convalescenza, oltre a Muhammad Ali, che lo soprannominò “#1 Champ” per onorare la lotta di Tools per la vita.