Il calcetto sta ormai diventando un vero e proprio scontro ideologico e sociale. In alcune regioni si riparte, in altre no ma c’è chi apre e fa giocare lo stesso.
Calcetto: ecco in quali regioni si potrà riprendere a giocare
Calcio a 5, calcio a 8 e calcio a 11 ma in una parola tutta si riduce al calcetto. Il mondo dello sport amatoriale, però, aspettava un segnale che invece non è arrivato. Si è rimandato, questo si, dalla data indicativa del 15 giugno al 25 giugno poi più nessuna notizia. Il Governo demanda alle Regioni ed alla loro discrezionalità. Così i governi regionali hanno emanato delle ordinanze ad hoc per i centri sportivi, alcune.
Si ricomincia a giocare in Sicilia, Puglia, Liguria, Veneto e Abruzzo (ma senza contrasti in quest’ultima, il che fa già ridere così). Dulcis in fundo si presenta la baldanzosa Lombardia che scopre il piacere delle ordinanze. Dal 10 luglio, nella regione che è stata il centro dell’epidemia italiana, si riapre ai giovani ed agli sport di contatto. Evidentemente Fontana ha appreso dai giudici (dopo i fatti di Nembro ed Alzano) di poter anche emanare ordinanze di propria sponte senza dover attendere il governo centrale.
Ad oggi è questa la lista completa delle frazioni di territorio italiano in cui si potrà tornare a calcare i campi da gioco in maniera amatoriale. A fronte però delle tante, tantissime, violazioni alle regole che finora sono state in vigore.
La violazione delle regole: si fa finta di non vedere
Questo è un po’ il punto che va in contrasto con le decisioni prese. Anche se non lo si vuole ammettere pubblicamente in diversi luoghi d’Italia il calcetto lo si gioca già. Molti, ad esempio, lo giocano per strada ed è ormai divenuto un fatto noto e testimoniato anche da diversi video: Roma, Napoli, Palermo. Si giocava anche durante la fase 2 (quella del metro e mezzo con mascherina, per intenderci). L’ipocrisia, però, sta raggiungendo livelli elevatissimi.
Il calcetto, infatti, è ripreso anche laddove non è stato dato il via libera. Già da diverso tempo si sono raccolte testimonianze di partite amatoriali in tutte le regioni in moltissimi centri sportivi. Dei divieti se ne sono fregati, ed i ragazzi hanno ripreso a giocare tranquillamente (senza doccia per carità).
A fronte di assembramenti di ogni tipo visti in questi mesi come quello per i festeggiamenti della Coppa Italia, delle manifestazioni dell’opposizione o di quella spontanea contro il razzismo a Piazza del Popolo; tutto sembra condito da un’estrema dose di ipocrisia. Le funzioni religiose si tengono tranquillamente, anche con oltre le 15 persone previste nella fase precedente, ed i protocolli di distanziamento sono saltati. Certo, l’epidemia è in forte recesso, dunque è legittimo: allora perché lasciar fuori gli sport di contatto?
Tra i danneggiati ci sono anche la pallavolo, la pallamano, la pallanuoto (che a differenza del cugino “nuoto” sembra essere più pericoloso) e molti altri. Sul calcetto sembra quasi che si combatta una battaglia simbolica, come a dire “riaprire i campi significa tornare alla normalità”. E’ un ragionamento poco chiaro. Non ci si raccapezza nemmeno il ministro Spadafora, che ha invece ceduto nel far ripartire il campionato di calcio di serie A. Cadono i divieti, insomma, ma qualcosa deve sempre restare più indietro, alla faccia dell’unità nazionale.