Il contingentamento diviene una misura cruciale nella fase due, sia per quanto riguarda i mezzi pubblici che le riaperture di musei e mostre e, non ultimo, il rientro a scuola. Si discute delle ipotesi di riapertura delle scuole per il mese di giugno e del come riaccogliere in classe otto milioni di studenti e 1,2 milioni di operatori. L’articolato progetto su cui si sta lavorando a pieno ritmo porta il nome di #RicostruireItalia.
Il Politecnico di Torino ha elaborato un piano per la riapertura intitolato “scuole aperte, società protetta”. Esso presuppone ingressi e uscite in differita per evitare la calca che si creerebbe nelle punte orarie, il prediligere attività da svolgersi all’aperto, la non abolizione della teledidattica, un numero ridotto delle presenze in classe, da effettuarsi con delle turnazioni.
La cautela di far accedere a scuola gli studenti in piccoli gruppi è sostenuta anche da Stefano Parisi con il Prof. dell’Università degli Studi di Bergamo, Giuseppe Bertagna. Lo stesso vale per il Presidente di ADAPT, Emmanuele Massagli, dall’Università di Modena. Parisi propone un complesso di strategie simili a quelle di Torino, mettendo in conto una riapertura immediata. Uno schema in cui le attività potranno praticarsi dalle 8 alle 17, con la possibilità di utilizzare anche il sabato mattina, per rispettare le turnazioni.
Nel piano che prevedrebbe una ripartenza della scuola prossimamente è difficile immaginare come i bambini della materna possano rispettare delle norme preventive. C’è da considerare che da un lato, l’uso della mascherina potrebbe essere imposto a partire dalle elementari, dall’altro che i più piccoli non sono molto soggetti a contrarre il virus, se non in forma lieve.
Si intravede all’orizzonte l’obbligo non di una mascherina ma di una visiera trasparente per le insegnanti dei più piccoli, i quali non accetterebbero un adulto a loro sconosciuto o visto solamente in video di cui non è possibile scorgere il volto. Si preserva inoltre in questo modo la possibilità di comunicare col non verbale, attraverso cioè le espressioni del viso. Alla materna e al nido, l’educazione fornita al bambino è infatti prima un atto di cura e solo successivamente un atto educativo, che passa sempre attraverso il mediatore del contatto fisico, per cui sarebbe difficile a quell’età mantenere un efficace distanziamento sociale.
Cambia il rapporto numerico tra educatori ed alunni: si mira a portarlo a 5 o 6 educatori per tutte le classi di età, differentemente da quanto accaduto finora. Ciò per controllare i bambini e gli adulti che vi aleggiano attorno. Sopraggiunge però un’altra problematica: il numero scarno di insegnanti, per cui si sta pensando di ricorrere anche agli universitari che frequentano corsi di laurea che abilitano all’insegnamento, similmente a come è stato fatto in ambito sanitario.
Per quanto riguarda la primaria sarebbe auspicabile alternare e-learning e presenza in classe, con il rispetto delle turnazioni. Si dovranno dotare le scuole di dispositivi sanitari adeguati e strumenti per sanificare gli ambienti durante le pause (di circa mezz’ora), tutti “costi a carico delle scuole e dei soggetti ed associazioni del territorio”. “Costi a carico degli enti locali – invece – per la predisposizione dei locali, delle strutture e degli arredi e per la ristrutturazione di spazi esterni; costi di gestione ed impatto logistico della gestione del personale” riferisce il Politecnico.
L’obiettivo che appare evidente da queste ipotesi di lavoro è il cercare di far fronte all’emergenza in tutti gli ambiti della vita del Paese, lo scopo secondario e non meno importante è che per poterlo realizzare si va incontro ad una possibile modernizzazione dell’Italia.