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Disobbedienza civile, la marcia di Gandhi

 

Pacifica e ostinata.

 

Il 12 marzo del 1930 cominciava la campagna lanciata da Gandhi contro la legge inglese basata sul monopolio del sale.

Agli indiani fu proibito vendere il sale su tutti i mercati internazionali, solo gli inglese potevano farlo, sfruttando la manodopera dello stato da essi colonizzato.

La risposta gandiana fu totalmente in linea con la sua profonda filosofia non violenta: non una mera sottomissione alla volontà del potere, ma un atto di ribellione senza l’uso di forza. Il pensiero del Mahatma poneva un focus importante sulla via della libertà non solo per il popolo indiano, ma per gli esseri umani soggetti alla tirannia. Ebbe ragione di credere, che senza l’uso di strategie violente e risposte aggressive l’atteggiamento virtuoso avrebbe avuto la meglio sia su oppressi che oppressori, quest’ultimi avrebbe dunque conseguenzialmente ricevuto solo il biasimo davanti agli occhi di tutto il mondo.

E sulla scorta di questi nobili principi, il Mahatma proseguì la marcia seguita con attenzione dalla stampa internazionale dopo aver percorso svariati kilometri, raggiungendo le saline del Butan. Il gesto della protesta è rimasto nella storia: Gandhi si chinò raccogliendo un pugno di sale dal mare, e tutti i manifestanti dopo di lui ripeterono il gesto vestiti rigorosamente con il  white khadi, un abito bianco.

La polizia rispose con violenza contro i manifestanti con colpi di sfollagente, ma nessuno di essi si arrestò. Il mondo rimase attonito dinanzi la non-reazione dei manifestanti, che come ha affermato più tardi la stampa inglese ” cadevano come birilli. Ma continuavano a rialzarsi senza alcuna reazione, silenziosi, pacifici e ostinati.”

Gandhi verrà poi arrestato verso il maggio dello stesso anno.

E solo con la fine della Seconda Guerra mondiale, dopo ulteriori lotte e battaglie sanguinose a danno dell’India, venne proclamata l’indipendenza.