Ogni settimana vengono gettati via moltissimi prodotti che sono pronti per essere riciclati, tra di essi se ne celano altri che invece sono ancora buoni da consumare.
A tal proposito nasce quindi un’iniziativa per ridurre gli sprechi alimentari a Roma è ReFoodGees – Roma Salvacibo, un’iniziativa spontanea partita due anni fa dal Mercato dell’Alberone, grazie all’idea di un gruppo di ragazzi.
L’associazione coinvolge più di 20 volontari e distribuisce in media 800 kg di cibo alla settimana.
“Iniziamo a raccogliere pane e prodotti da forno dalle attività attorno al mercato e più tardi facciamo il giro dei banchi. Ci sistemiamo fuori e dalle 16.30 circa in poi distribuiamo il cibo invenduto a chi lo desidera”, spiega Viola De Andrade Piroli, la fondatrice.
ReFoodGees è nata spontaneamente nel settembre del 2017, quando Viola, insieme a due ragazzi, ha iniziato a raccogliere il cibo che a fine giornata veniva scartato dai commercianti del Mercato Alberone di Roma. “Fuori dal mercato lo distribuivamo gratuitamente a chi ne aveva bisogno, era un progetto piccolo, raccoglievamo circa 40 kg di cibo alla settimana”, spiega la fondatrice.
L’iniziativa, con il passare del tempo, ha coinvolto sempre più persone e spontaneamente crescendo e passando gradualmente dall’Alberone al Nuovo Mercato Esquilino. “È un luogo molto più grande, vicino a piazza Vittorio, e con delle caratteristiche specifiche affini al nostro progetto: è multietnico e colorato, qui si trovano verdure e spezie da tutto il mondo. Sia i gestori che chi frequenza il mercato ha provenienze differenti, ci è sembrato il luogo ideale per coniugare l’idea della lotta contro lo spreco alimentare e il desiderio di integrazione e dialogo”, afferma Viola.
Il gruppo è eterogeneo è costituito da “uomini, donne, ragazze e ragazzi che vengono da diverse parti del mondo, perché l’idea è di creare anche un luogo di aggregazione, cercando di trasformare il bando della distribuzione degli alimenti in uno spazio di accoglienza, intercultura e lotta all’emarginazione sociale”, trasformando così il cibo in un mero pretesto per creare un incontro riguardante diverse culture così che possano dialogare tra loro.
“Ci piace l’idea che si inneschi un meccanismo circolare per cui ciascuno prende e restituire qualcosa, mangiando tutti lo stesso cibo. Anche con il gioco di parole che abbiamo deciso di utilizzare per il nome dell’associazione (un mix tra il recupero del cibo e il rifugiato, ndr) vogliamo uscire dallo schema classico per cui chi è più fortunato aiuta i bisognosi. Qui, al banco, siamo insieme e tutti abbiamo qualcosa da condividere”, conclude.