La Consulta ha legiferato l’impunibilità di chi agevola il suicidio di una persona, che si ritrova in una situazione simile a quella di DJ Fabo.
Fabio Antoniani, noto come DJ Fabo, era, in effetti, rimasto cieco e tetraplegico, dopo un grave incidente stradale.
Tra le mille sofferenze provocate dal terribile scontro, Fabio aveva già dichiarato che gli era divenuto impossibile vivere la sua vita.
In ogni caso, resta obbligatorio l’intervento del legislatore, il quale aveva già espresso i suoi dubbi a proposito della legge 580 del Codice Penale. Tale legge prevedeva, come pena, la reclusione sino a 12 anni, per chiunque avesse istigato al suicidio o aiutato l’aspirante suicida a compiere l’atto.
«Da oggi in Italia siamo tutti più liberi, anche quelli che non sono d’accordo – commenta entusiasta Marco Cappato, l’uomo che ha aiutato Fabiano Antoniani a compiere l’atto estremo, che ora sarà certamente assolto nel processo a suo carico a Milano – Ho aiutato Fabiano perché ho considerato un mio dovere farlo. La Corte Costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci».
Lo stesso pubblico ministero del processo avente come protagonisti Antoniani e Cappato, Tiziana Siciliano, dimostratasi, sin dal principio, favorevole all’assoluzione di Cappato, parla di un “grande passo in avanti”.
L’opinione pubblica rimane però piuttosto divisa, da una parte, impera lo sgomento della Chiesa Cattolica e dei medici: la Chiesa condanna la decisione presa, perché confermerebbe una visione troppo utilitaristica della vita stessa. Mentre Filippo Anelli, il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, prevede una forte resistenza da parte dei medici chiamati ad adempiere a un tale compito.
Anche in politica non è presente una risposta unitaria: Salvini si dichiara contrario al suicidio assistito, in contrapposizione al segretario del Pd, Andrea Orlando.
La Corte ha, ad ogni modo, posto dei limiti: in attesa del responso del legislatore, non saranno infatti accettate modalità differenti da quelle annunciate dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017). La verifica delle condizioni del paziente e l’operazione di suicidio assistito saranno competenza di una struttura pubblica del Servizio Sanitario Nazionale, in accordo col parere del comitato etico territoriale a cui si fa riferimento.