Gli indigeni dell’Amazzonia protestano contro la distruzione della foresta, che rappresenta la loro casa.
Nel 2018, secondo l’Università del Maryland, sono scomparsi, nel mondo, 12 milioni di ettari di foresta tropicale, poco più di un terzo della superficie dell’Italia. Ogni minuto, l’equivalente di 30 campi da calcio.
In Brasile la perdita maggiore. La conferma arriva dai satelliti della NASA.
Ridurre gli alberi dell’Amazzonia, principale polmone verde del Pianeta, significa contribuire al riscaldamento globale. Le foreste emettono, infatti, dei gas reattivi che raffreddano l’atmosfera.
Dall’insediamento di Jair Bolsonaro, la deforestazione a favore dell’agricoltura è aumentata del 54%. In più, il contrabbando di legnami, con l’abbattimento illegale di alberi nel cuore della riserva del popolo Arara.
Una situazione che, di certo, non prospetta un avvenire roseo per la nostra amata Terra e, soprattutto, per le future generazioni.
Comportamenti che, all’apparenza, possono apparire del tutto innocui, si dimostrano, in realtà, estremamente dannosi.
Ciascuno però, nel quotidiano, può concorrere a rallentare questo fenomeno che, inesorabilmente, sta mettendo in ginocchio il mondo intero.
Siamo ancora in tempo, ma è necessario agire ora e subito!
A tal proposito, notevole rilievo hanno assunto, di recente, le vicende di Greta Thunberg, l’attivista svedese divenuta famosa per le sue numerose manifestazioni a favore dello sviluppo sostenibile e contro il cambiamento climatico.
Una voce forse scomoda per alcuni, ma che tenta di smuovere le coscienze e i cuori di quanti, invece, la ascoltano.
Un esempio per chi desidera dire basta, allo scopo di salvare ciò che di bello e buono ancora c’è.