Antonio Canova è il maggiore scultore europeo dell’età neoclassica, che, riuscì a sintetizzare e concludere la grande tradizione scultorea italiana, interpretando al più alto livello, le aspirazioni contemporanee al bello ideale e alla rinascita dell’arte antica.
Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli ospita una meravigliosa mostra di Antonio Canova, intitolata “Canova e l’antico”. Un viaggio storico e culturale, attraverso una serie di opere dell’illustre scultore. La mostra è articolata su due piani del Museo, e presenta tutta la variegata produzione artistica canoviana, dal disegno, al bozzetto, al dipinto, al gesso, ai marmi: con capolavori di prim’ordine, a partire dal celeberrimo gruppo delle Grazie, proveniente dall’Ermitage di San Pietroburgo.’
È possibile ammirare, con incanto, l’Amorino Alato, L’Ebe, La Danzatrice con le mani sui fianchi, Amore e Psiche stanti, la testa del Genio della Morte e la rivoluzionaria scultura delle Tre Grazie, ma anche l’imponente statua, alta quasi tre metri, raffigurante La Pace, proveniente da Kiev e l’Apollo che s’incorona del Getty Museum di Los Angeles. A questi si aggiungono, tra i capolavori in marmo riuniti per la mostra nel Salone della Meridiana, l’intensa e straordinaria Maddalena penitente da Genova, il Paride dal Museo Civico di Asolo, la Stele Mellerio, vertice ineguagliabile di rarefazione formale e di pathos.
Attraverso le maestose opere ospitate dal MANN, è possibile catturare lo scopo ultimo del Canova, ossia il raggiungimento della bellezza ideale. La bellezza vera e propria, pura, si può realizzare imitando la scultura classica e tramite la massima padronanza della tecnica scultorea. Le sculture di Antonio Canova, con la propria immane bellezza, solleticano l’animo, accarezzando la mante, prefigurando l’ideale di bellezza pura.
Canova era solito scegliere il marmo per realizzare le proprie opere, in quanto maggiormente duttile e capace di rendere la morbidezza e il dinamismo proprio di alcune parti del corpo; l’uso del marmo, era spesso accompagnato dall’utilizzo della cera, per conferire un colore che si avvicinasse all’incarnato.
Antonio Canova giunse a Napoli nel 1780 per ammirare le bellezze della città, le meraviglie di Ercolano e Paestum. Nel secondo “Quaderno di viaggio” scrive di Napoli: “per tutto sono situazioni di Paradiso”.
La profondità artistica e culturale di Canova, rivive grazie alla mostra ospitata dal MANN, grazie a quanti giungono quotidianamente ad ammirare le sue maestose opere, antiche quanto moderne.
“Un dialogo serrato tra antico e moderno all’epoca di Canova”, spiega il direttore del MANN Paolo Giulierini, “che abbiamo costruito con il professor Giuseppe Pavanello (tra i massimi esperti dell’artista neoclassico) a partire dalle pitture di Pompei, dagli affreschi con le danzatrici, dalle grandi statue della Collezione Farnese che sono nel patrimonio del museo. Con un risultato che ci sembra estremamente convincente”.
Il grande scultore, Canova, spaziava tra scultura e disegno, creando cultura e prospettive di bellezza tra loro diverse. Quella di Canova è una cultura completamente impregnata di classicità, ma con uno straordinario occhio al presente.
Napoli ancora una volta si colora delle tinte proprie dell’antichità, grazie ad una mostra da non perdere, dall’innegabile valore culturale.
Una mostra particolarmente bella, ma al di là dell’aspetto estetico, ciò che conta di più, sono le sensazioni che pullulano negli occhi di chi osserva estasiato quelle opere. Canova, maestro indiscusso, è riuscito nel corso del tempo, prima di ammalarsi, (sembrerebbe proprio a causa del suo lavoro da artista) a trasmettere calore e concretezza, grazie alle numerose opere realizzate. Esprime soddisfazione per l’entità culturale della mostra, anche il Ministro della cultura, Bonisoli.
“Sono stato per la prima volta in visita al Mann, ha affermato Bonisoli, è una vera e propria sfida, grazie alla quale è possibile confrontarsi con qualcosa di unico ed eccezionale, ci si sente un pò piccoli di fronte a quello che si è riuscito a realizzare nel passato”.
Una “mostra epocale”, una profonda istanza creativa, nel senso pieno del termine.