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Manifesto: Rosefeldt si interroga sul ruolo dell’arte

Il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospiterà, fino al 22 aprile, la mostra dal titolo “Manifesto”, inaugurata nel 2015, dal tedesco Julian Rosefeldt.

L’opera è incentrata su una moderna rielaborazione dei concetti alla base dei grandi manifesti artistici, letterari e politici susseguitisi nel Novecento.

Il ruolo dell’artista è sottoposto ad una analisi attenta ed avvincente, grazie alla mediazione di un’attrice d’eccellenza, l’australiana Cate Blanchett, conosciuta anche per aver interpretato “Galadriel” nella saga “Il Signore degli Anelli”.

L’allestimento della mostra consiste in un’installazione multimediale di 13 schermi, sui quali è proiettato un filmato della durata di 10 minuti ciascuno, per un totale di 130 minuti.

L’attrice è dovuta calarsi in ben 11 personaggi femminili e in uno maschile.

Senzatetto – Manifesto del Situazionismo: il genere umano è in crisi e con esso gli ideali che l’hanno sorretto, l’artista è costretto a rivoluzionare la propria immagine, a ridivenire un ribelle, ad essere contestatore attivo di valori ormai privi di senso e a reagirvi con spirito vibrante.

Broker – Manifesto del Futurismo: un inno alla velocità, al pericolo, all’energia, un’esaltazione dell’originalità, anche nelle sue forme più violente, viene messo in disparte ciò che affligge l’animo umano per fare spazio alla frenesia della contemporaneità e della sua tecnologia.

Operaia in un inceneritore di rifiuti – Manifesto dell’Architettura: la dinamicità si riversa nelle strutture ibride, in un’architettura che, ad ogni modo, deve “bruciare”, si propende per un disordine vitale, per la non “chiarezza dei significati”.

Amministratrice delegata – Manifesto del Vorticismo/Cavaliere azzurro/Espressionismo astratto: la spiritualità riacquista rilevanza, ripartendo non dalla Fede ma dai sentimenti umani. L’artista può essere chiunque, in un presente che non rammenta il passato e non si proietta sul futuro.

Ragazza punk tatuata – Manifesto dello Stridentismo/Creazionismo: la verità è da ricercarsi nel pensiero, quindi la verità dell’artista diviene creazione e non più imitazione.

Scienziata– Manifesto del Suprematismo/Costruttivismo: l’arte è un bene supremo e deve necessariamente andare incontro ad una complessificazione, la natura non deve essere imprigionata in una sua mera imitazione ma accresciuta e non oggettificata.

Oratrice a un funerale – Manifesto del Dadaismo: i dogmi vanno aboliti, bisogna abbandonare ciò che è stato insegnato ad amare, la vigliaccheria degli astrattismi impartiti. la parola d’ordine è “abolizione” e l’unico modo accettabile di vivere è il non seguire un sistema preconfezionato.

Burattinaia – Manifesto del Surrealismo/Spazialismo: l’immaginazione è libertà creativa, logica e razionalismo sono messi al bando.

Madre tradizionalista con la famiglia – Manifesto della Pop Art: l’arte imita l’umano e si mescola al quotidiano.

Coreografa – Manifesto del Fluxus/Merz/Happening: rigetto per l’eccezionale e l’eccentrico, il commerciale, si promuove un’arte accessibile, che tutti possono capire.

Telecronista e reporter – Manifesto dell’Arte concettuale/Minimalismo: le idee danno luogo ad un’arte intuitiva ed audace, emerge la condanna alla velocità che genera disinformazione, perché confonde. Nulla è più autentico.

Insegnante – Manifesto del Cinema: l’arte è avventura e dovrebbe essere vissuta alla stregua dei bambini agli occhi dei quali ogni cosa è nuova.

Rosenfeldt ha saggiamente costruito il suo mosaico di testi attingendo ai vari Manifesti e lo porta alla conclusione con le parole dell’architetto e artista statunitense Lebbeus Woods:

“Io sono in guerra con il mio tempo, con la storia, con ogni autorità contenuta in forme fisse e spaventate.

Io sono una dei milioni di persone che non si adattano, che non hanno una casa, una famiglia, una dottrina, né un luogo sicuro da chiamare proprio, né inizio o fine conosciuti.

Io dichiaro guerra a tutte le icone e le finalità, a tutte le storie che mi incatenano alle mie falsità, alle mie pietose paure.

Conosco solo istanti, ed eternità che sono come istanti e forme che appaiono con forza infinita, e poi ‘si sciolgono nell’aria’.

Sono un costruttore di mondi, un edonista che adora la carne, la melodia, una sagoma sullo sfondo del cielo che oscura.

Non ho modo di sapere il tuo nome. Nè tu il mio.

Domani inizieremo insieme la costruzione di una città.”

Rosalba Caramiello
Rosalba Caramiello
Giovane psicologa clinica laureatasi all'Università di Roma "La Sapienza" ed educatrice, appassionata di giornalismo e fotografia.