Il 2 aprile del 2000 la vita salutò una delle figure più eminenti del palcoscenico teatrale e cinematografico italiano, Aldo Fabrizi all’età di 85 anni. Fabrizi fu un talento eclettico della produzione interpretativa italiana, capace di esprimersi in modo bilingue a partire dai primi versi composti in dialetto romanesco con Lucciche ar sole edite nel 1928.
Aldo Fabrizi è stato il caposcuola di una classe di attori sorta nella capitale nel primo Novecento, che costituirà come i De Filippo e Totò, l’ossatura del cinema italiano come Anna Magnani e Alberto Sordi. Ma Fabrizi non era una mera maschera romanesca, anzi.
L’esordio da macchiettista è speculare alla creazione dei personaggi tipici della sua commedia, come il vetturino, il conducente di tram, oppure il cameriere che lo porteranno in breve ad abbracciare il cinematografo negli anni dell’ingresso italiano in guerra e la caduta del fascismo, con le cosiddette pellicole da “telefoni bianchi”, commedie come Avanti c’è posto e Campo dé Fiori, in cui viene ritratta una società piccolo-borghese, non priva di riferimenti alla drammaticità della situazione interna in quegli anni, come la borsa nera.
Consacrazione sullo schermo arriva con il movimento neorealista, che in Italia trova la summa della sua espressione. In Roma città aperta, del 1945 Fabrizi perse la sua immagine popolana, per affrontare un ruolo denso di significato etico-morale, tratteggiata da personaggi realmente esistiti come don Pietro Pappagallo, vittima dell’eccidio delle Fosse Ardeatine del 1944. Rossellini trovò in Fabrizi, grazie anche all’apporto alla sceneggiatura di un giovane Fellini, le caratteristiche adatte a ricreare un personaggio corale dello status della popolazione romana durante l’occupazione nazista.
Gli anni della ricostruzione e del boom economico consacrarono un estro fin troppo evidente. Fabrizi ebbe la possibilità di misurarsi in altri ruoli della commedia sempre conservando il tratto trasteverino, nonché affiancò personalità del cinema italiano, come Totò in film come Guardie e Ladri del 1951 e I Tartassati del 1959 e Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi, del 1963, in cui venivano posti in esame in modo sardonico difetti e i segni dei cambiamenti del costume della nascente Italia repubblicana. I suoi soggetti conservano una schiettezza ed una humanitas sempre candida.
Ma, il buon Aldo, non si precluse al cinema ed al teatro. Da uomo che osserva il suo tempo, approdò anche al grande schermo, partecipando a numerosi varietà di mamma Rai come Speciale per Noi, oltre che in sceneggiati come Rugantino del 1987.
Oh non è difficile morir bene: difficile è vivere bene. Aldo Fabrizi.