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“Poeti a Roma. Resi superbi dall’amicizia” al Wegil

250 fotografie originali che immortalano gli scrittori e i poeti più rappresentativi di un’intera epoca della città di Roma, quella che va dagli anni ’60 agli anni ’70: Pier Paolo Pasolini, Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, Sandro Penna, Giuseppe Ungaretti, Alberto Moravia, Giorgio Bassani, Carlo Emilio Gadda, Anna Maria Ortese, Elsa Morante, Amelia Rosselli, Natalia Ginsburg, Alfonso Gatto, Dacia Maraini, Enzo Siciliano, Dario Bellezza, Renzo Paris, sono solo alcuni dei protagonisti della mostra “Poeti a Roma. Resi superbi dall’amicizia”, inaugurata oggi 29 marzo al Wegil di Roma e che si concluderà il 23 giugno 2019.

A cura di Giuseppe Garrera e Igor Patruno, promossa dalla Regione Lazio, organizzata da AGCI Lazio in collaborazione con LAZIOcrea, l’esposizione ritrae questi celebri artisti in vari momenti della loro stagione capitolina: serate di presentazione, cene, feste in casa, fino al ricordo della morte di Pier Paolo Pasolini all’Idroscalo di Ostia.

“Con Poeti a Roma non si intende tanto il fatto che si tratterà di ‘poeti di professione’ a Roma, perché la mostra comprende anche altrettanti scrittori e romanzieri, quanto del loro ‘vivere poeticamente’, e cioè dell’essere stati legati ad un modello radicale e assoluto, per fedeltà e dedizione, di cura e di comprensione per la parola e per le cose del mondo. In breve, il titolo è mutuato dall’espressione di Hölderlin riferita a coloro che ‘abitano poeticamente su questa terra’. La mostra riguarda un gruppo di amici che hanno abitato poeticamente questa terra”, spiega Garrera.

Immagini in gran parte inedite – dalla collezione privata di Garrera, i cui autori, tra gli altri, sono Antonio Sansone, Tazio Secchiaroli, Rodrigo Pais, Dario Bellini – che narrano progetti, pubblicazioni, collaborazioni reciproche, legami unici tra poeti insuperabili che dedicarono alla quinta arte la loro vita.

Non solo fotografie, ma anche libri, inserti, riviste e rare incisioni discografiche: “I libri, le lettere, le parole scritte – sottolinea Patruno –  rimandano all’eredità che è stata lasciata; la loro ‘esposizione’ è un invito a confrontarsi con il pensiero che il ‘vivere poeticamente’  ha prodotto. Andando oltre il ricordare ci si trova di fronte un territorio immenso, che è una opportunità e, dunque, l’invito a scegliere cosa prendere e portare con noi di ciò che è stato lasciato. Ed è questo il senso più profondo della mostra”.