La maledizione Champions, continua irriguardosa e beffarda per un monumento sportivo nazionale qual’è Gigi Buffon, che per esorcizzarla prova a cambiare città, nazione e persino i colori della maglietta, non più quella bianconera della Juventus, ma blu come il cielo di notte della capitale francese, Parigi, che non potrebbe essere più diversa di quella Torino, che il massese ha sentito come la sua città per diciotto anni, ricchi di successi tricolori e povera, anzi poverissima di affermazioni continentali. Aria diversa dunque, ma risultati dannatamente identici che contrappongono dominio entro le mura nazionali (PSG a più 17 sulla seconda classificata, il Lille) a disfatte stile Waterloo in campo europeo o quantomeno delusioni cocenti che spesso arrivano puntuali quanto inopinate; è il caso di quest’ultima che ha visto i capitolini “de la France” uscire dopo una vittoria sul campo del Manchester United (0-2) che aveva spinto anche i cuochi del Paris a prendersi una giornata di ferie in vista del ritorno, che però si doveva giocare e che sarebbe stato ugualmente importante e da non sottovalutare. Il diavolo poi, che evidentemente non ama i supereroi (ammesso che possa amare qualcuno) si diverte a sporcare la tovaglia fin allora immacolata del Gigi nazionale, che sull’ 1-1 entra in scena come peggio non poteva, deviando sui piedi poderosi di Lukaku ed in modo goffo, un tiro tutt’altro che trascendentale. Il resto è storia straconosciuta, con lo squadrone del principe arabo estromessa al minuto 92 con un calcio di rigore che chiude la sfida 1-3 a favore dei “red devils”. Si, un calcio di rigore, come avvenuto quando il portierone difendeva la maglia della Juventus, anche quello nel tempo di recupero ed anche quello tremendamente doloroso; solo che questa volta non ci sono bidoni della spazzatura che sfrattano cuori, ne inviti a direttori di gara ad accumulare colesterolo con stazioni sui divani di casa a bere bibite gassate. Perchè a queste latitudini forse Buffon ha capito che gli arbitri possono essere una variabile, non una costante a favore o contro e come tale vanno accettati. Passerà quindi un altro anno prima che possa riprovarci a prenderla quella coppa così bramata (resterà altri due anni a Parigi) e sappiamo che nonostante i quarantun’anni suonati ci metterà tutte le sue forze per conquistarla; noi non possiamo che augurargliela, soprattutto se dimostrerà di essersela meritata per davvero.