Nello spaccato breve di vita del pittore maledetto per eccellenza, Michelangelo Merisi, per tutti Caravaggio, Napoli rappresenta esilio e conversione, ma anche sperimentazione e ricerca.
Il percorso artistico e biografico del genio e dell’uomo Caravaggio prende forma in una delle ultime mete di un itinerario scarno, enigmatico e sensuale, nella città più importanti della storia dell’arte del Seicento, a cui il pennello dell’artista bergamasco ha contribuito e non poco, se si sommano i debiti contratti da Velasquez e dall’arte fiamminga e olandese del periodo nell’evoluzione della pittura e dell’arte di tutti i tempi.
In “Caravaggio a Napoli” che aprirà i battenti dall’inizio del prossimo aprile al Museo Nazionale di Capodimonte, fino al mese di luglio, in attesa che venga definito il programma, preannuncia già l’esito proposto dai lavori presso il museo.
Lo scopo dell’evento è quello di mettere in risalto sia l’influenza del Caravaggio sulla Scuola Napoletana del Seicento e sulla tendenza del “Seicentismo”, ma allo stesso tempo di avvalorare la tesi posta da una branca della critica caravaggesca , secondo cui il periodo napoletano costituisca uno dei più singolari e fervidi della produzione dell’artista “pitocco”, come si evince dalla illustri conoscenze e committenti, di cui Le Sette Opere della Misericordia per il Pio Monte della Misericordia sono emblema evidente .
Lo stesso direttore del celeberrimo museo partenopeo, Sylvain Bellenger ha dichiarato ad Ansa che lo scopo della mostra è di studiare gli «effetti dei 18 mesi di Caravaggio a Napoli» .