Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha deciso di prendere le distanze dal cosiddetto Decreto sicurezza, assentandosi durante la seduta del voto finale in Camera.
“È stata interpretata bene, è una presa di distanza”, ha dichiarato Roberto Fico ai giornalisti che gli hanno chiesto spiegazioni circa la sua assenza, e se potesse essere letta come una presa di distanza dal testo del decreto.
Inoltre, lo stesso Fico ha proseguito: “Perché io sono il presidente della Camera e rispetto il mio ruolo fino in fondo, diritti di maggioranza e di opposizione, mando avanti i provvedimenti che arrivano in Aula con la collaborazione di tutti i capigruppo e rimango fedele al mio ruolo istituzionale. Se poi parliamo del decreto nel merito, dopo che è passato, questo è un altro discorso”, ha concluso.
Ricordiamo che il Decreto è stato approvato, nonostante i malumori di alcuni esponenti del Movimento 5 stelle, con 163 sì e 59 no al Senato. Tre senatori del Movimento non hanno partecipato al voto così come Forza Italia. Si è astenuto invece Fratelli d’Italia mentre PD e LeU hanno votato contro. Alla Camera invece i voti favorevoli sono stati 336 mentre 249 quelli contrari.
Il testo si compone di ben 40 articoli, che spaziano su temi vari, dagli sgomberi, al reato di blocco stradale, ma anche lotta al terrorismo, (tra cui il daspo per coloro che saranno sospettati di preparare attentati o fiancheggiare organizzazioni terroristiche). Da sottolineare che parte degli articoli contenuti nel Decreto sicurezza, riguardano il piano immigrazione, con una serie di restrizioni, volte a regolare gli sbarchi e i flussi degli immigrati in entrata nel nostro Paese.
Sulla questione della presa di posizione di Roberto Fico, che ha preferito astenersi, è intervenuto anche il Vicepremier e ministro Luigi Di Maio, dichiarando: “Che Roberto non fosse d’accordo con il decreto sicurezza lo sapevo e lo sapevamo. Apprezzo molto il fatto che abbia aspettato l’approvazione definitiva per poi dichiarare la sua contrarietà pubblicamente. Così fa un presidente della Camera che non è d’accordo ma rispetta la volontà del Parlamento”.