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Parkinson una nuova cura con cellule staminali

Le stime mondiali affermano che i malati di Parkinson sono circa 10 milioni, stime a ribasso per l’Italia, dove si parla di 250 mila malati di Parkinson, destinati purtroppo ad aumentare, a causa dell’invecchiamento progressivo della popolazione. Per questo ci sono grandi speranze per il trapianto di cellule staminali nel cervello umano. È un cinquantenne giapponese la prima persona al mondo ad aver ricevuto un impianto di cellule staminali riprogrammate. L’uomo in questione è malato di Parkinson, e i neurochirurghi dell’università di Kyoto, gli hanno impiantato le staminali nel cervello, affinchè agissero da precursori dei neuroni che producono dopamina, un neurotrasmettitore carente nei malati di Parkinson, la cui carenza provoca vari sintomi propri della malattia, quali tremore e difficoltà motorie. La dopamina regola meccanismi neurologici come il sonno, l’umore, l’attenzione, la memoria, ma è soprattutto necessaria alla corretta gestione del movimento.

La terapia sperimentale punta dunque a sperimentare nei malati di Parkinson il corretto meccanismo di produzione della dopamina, usando cellule staminali riprogrammate o pluripotenti; ottenute riprogrammando cellule di tessuti corporei, come la pelle, in modo che ritornino a funzionare correttamente, e trasformarsi in altri tipi di cellule, per rimpiazzare quelle mancanti o mal funzionanti nei malati.

Il trapianto di cellule staminali pluripotenti indotte di origine umana nel cervello di modelli animali ha alleviato i sintomi motori del morbo di Parkinson per ben due anni senza effetti collaterali come tumori o rigetto. Una terapia a base di cellule staminali può portare al recupero della funzionalità motoria in scimmie affette da una forma animale della malattia di Parkinson.

La tecnica si basa sul complesso maggiore di istocompatiblità, un gruppo di proteine che ha un ruolo nell’innescare la risposta immunitaria. In sintesi, i ricercatori hanno dimostrato che facendo corrispondere il tipo di complesso maggiore di istocompatibilità delle staminali pluripotenti indotte con quello del ricevente si riduce la risposta immunitaria verso le cellule trapiantate e quindi la sopravvivenza delle cellule stesse.

Naturalmente bisognerà attendere gli sviluppi della scienza e della medicina, per comprendere quanto possa la terapia, diventare effettivamente utilizzabile. Per ora, si registrano dei buoni risultati ed è stato scongiurato un buon numero di effetti collaterali.