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La Nuova Caledonia dipenderà ancora dalla Francia

La Nuova Caledonia resterà possedimento francese. Questo è il verdetto scaturito dallo scrutinio elettorale circa le votazioni su base referendaria che si sono tenute nel paese oceanico nella giornata di ieri, 4 novembre.

La Nuova Caledonia è un complesso di isole situate presso la costa nord-orientale, al largo dell’Australia. Fu scoperta dall’esploratore britannico James Cook nel lontano 1774, data in cui la Nuova Caledonia era già abitata dagli indigeni canachi (ancora oggi presenti sul territorio). Dal 1853 è stata riconosciuta con la denominazione di “collettività francese d’oltremare” . Tuttavia bisogna risalire al primo trentennio del XIX secolo per indagare l’influenza che la Francia ha avuto su “Kanaki” (“Nuova Caledonia” nella lingua degli indigeni), terra conquistata già nel 1829 e successivamente divenuta protettorato francese nel 1842 per opera del contrammiraglio Febvrier Despointes.

Il popolo melanesiano (termine che deriva da Melanesia, una delle aeree in cui convenzionalmente è stata suddivisa l’Oceania) da tempo nutre sentimenti di indipendenza dalla Francia, se non altro perché è divenuto conscio della propria forza economica ed amministrativa. Il turismo in Nuova Caledonia, infatti, presenta dei picchi in positivo rispetto agli altri agglomerati di isole circostanti, senza tener conto del fatto che Kanaki dispone di floridi giacimenti di nickel, materiale costituente l’acciaio inossidabile e inoltre fonte di guadagno principale dei melanesiani e anche dei francesi che attingono proprio da questa sorgente per rifornirsi e mandare avanti l’industria, in special modo quella siderurgica.

Il referendum sulla modifica delle circoscrizioni territoriali ha fatto registrare una clamorosa affluenza alle urne: ben l’80,5 % della popolazione si è presentata facendo valere il proprio diritto al voto.

I risultati hanno rispecchiato le aspettative, ma non del tutto. Le progressioni sull’andamento delle votazioni dava l’impressione che l’ago della bilancia avesse peso nettamente a favore degli unionisti (i sondaggi ritenevano che almeno il 77% dei votanti avrebbe voluto che fosse confermata la dipendenza dalla Francia). La designazione referendaria, invece, ha sancito sì la vittoria del “no” circa l’indipendenza dai transalpini, ma al contempo è stata un’affermazione “mutilata”: ben il 43,6% degli aventi diritto ha manifestato la volontà di formare uno stato indipendente e appena il 56,4 % ha dato parere favorevole alla non autonomia.

La battaglia che gli indipendentisti stanno combattendo non è affatto conclusa. L’accordo di Noumea, stipulato il 5 maggio del 1998, ha di fatto sancito la possibilità per la Nuova Caledonia di indire altri referendum per gli anni 2020 e 2022, nonché ha stabilito la cessione graduale dei poteri amministrativi al governo melanesiano. Ad oggi la Francia ha un potere esclusivamente votato all’economia (la moneta vigente in Nuova Caledonia è il vecchio Franco), alla difesa e al controllo dell’immigrazione.

La risposta del governo parigino circa i risultati provenienti dal territorio melanesiano non si è fatta attendere e si è caratterizzata per il compiacimento del presidente francese Macron, soddisfatto del trionfo al referendum, il quale ha ciononostante destato anche le cocenti ambizioni di coloro i quali sono favorevoli all’indipendenza dalla Francia e che hanno visto l’obiettivo sfumato per una quantità minima di voti. Tra costoro c’è sicuramente Alosio Sako, presidente del Raggruppamento Democratico Oceaniano e noto sostenitore del Fronte di Liberazione Nazionale Kanak: “il popolo melanesiano ha preso coscienza di come spettasse a loro mostrare la propria determinazione di essere finalmente liberi. Abbiamo fiducia nel futuro e nel ricambio generazionale che, son certo, propenderà sempre verso l’autonomia della Nuova Caledonia”.