È stato creato per la prima volta nello spazio il primo condensato di Bose-Einstein.
Il condensato è stato prodotto dal team dell’agenzia spaziale tedesca DLR, Maius-1, ed è stato realizzato in circa 6 minuti, un lasso di tempo molto ristretto.
La missione Maius-1 partì nel 2017, decollando dall’Artico svedese, per poi effettuare il rientro sulla Terra dopo solamente sei mesi portando con sé il primo condensato di Bose-Einstein (BEC).
Il condensato di Bose-Einstein è “un nuovo stato della materia”, o meglio una tipologia di gas i cui atomi costituenti risultano essere ultrafreddi, tanto da modificare il loro comportamento iniziando a comportarsi come un un’onda, gli effetti quantistici di questi cambiamenti sono rilevabili su bilance microscopiche, come affermato anche dal Daily Mail.
I condensati di Bose-Einstein furono ipotizzati per la prima volta intorno al 1924-1925 grazie all’intuizione di Satyendra Nath Bose e Albert Einstein.
Il loro pensiero non si tradusse però mai in realtà, perché la tecnologia necessaria per realizzarli è appena agli inizi della sperimentazione.
Gli scienziati della Maius-1 sono stati in grado di condurre, nel ristrettissimo lasso di tempo di 6 minuti, l’ingente quantità di esperimenti, pari a ben 110.
In seguito alla sperimentazione, gli scienziati hanno ritenuto che il condensato di Bose-Einstein potrebbe trovare impiego in applicazioni quotidiane e molte interessanti, potrebbe infatti essere utilizzato per la creazione di sensori ad alta sensibilità impiegati per la rilevazione e la misura di fenomeni particolari, come ad esempio le onde gravitazionali.
La procedura attuata per produrre un condensato di Bose-Einstein prevede il raffreddamento intensivo di una nube di atomi.
Per l’esperimento sono stati utilizzati atomi di rubidio, i quali sono stati portati alla temperatura pari quasi allo zero assoluto, 0K corrispondente a -273,15°, aiutandosi con piccoli laser, presenti all’interno del dispositivo spaziale, utilizzati al fine di rallentare gli atomi di rubidio imprigionandoli all’interno di una trappola magnetica.
I risultati raggiunti al seguito della sperimentazione sono stati pubblicati sulla rivista Nature.