Raggiunto finalmente un nuovo traguardo per l’Italia e per l’Europa in ambito medico, per la prima volta è stato possibile intervenire correggendo un difetto congenito su un feto ancora nella sacca uterina.
Ad effettuare l’operazione è stato un team di ginecologi e neurochirurghi, i quali sono riusciti a correggere completamente la spina bifida di una bambina posta ancora all’interno dell’utero. Gli artefici del miracolo scientifico sono stati i medici dell’ospedale San Raffaele di Milano, guidati dal primario del reparto di Ginecologia e Ostetricia, Massimo Candiani, e dal primario del reparto di Neurochirurgia, Pietro Mortini.
È stato possibile effettuare, per la prima volta al mondo, la riparazione completa del difetto dorsale congenito fetale, salvaguardando anche la madre ed il feto, in quanto i rischi per della procedura sono minimi. Nel caso specifico la malformazione è stata diagnosticata alla diciannovesima settimana di gestazione, grazie ad uno screening ecografico.
Seppur essendo un intervento complesso, i chirurghi sono stati in grado di portarlo a termine in un tempo abbastanza contenuto, impiegando poco più di due ore e sfruttando una tecnica mini-invasiva, riducendo drasticamente la possibilità di traumi all’utero, sono stati impiegati strumenti microchirurgici.
Ha assistito all’intervento il professor Fabio Andrioli Peralta, ostetrico ginecologo ed esperto in chirurgia fetale di San Paolo, Brasile, sviluppatore della tecnica usata su centinaia di pazienti in tutto il mondo.
I primari del San Raffaele si dicono soddisfatti del loro traguardo, affermando che “questo emozionante risultato, raggiunto dopo anni di formazione, è stato possibile solo grazie al lavoro di squadra, alle prestigiose collaborazioni internazionali e alla sinergia tra colleghi di diverse discipline”
In particolare, il dottor Candiani, commenta così l’intervento “questo eccezionale intervento è un traguardo importante nel campo della terapia fetale, perché permette migliori opportunità di cura rispetto ai risultati che oggi si possono ottenere con le terapie effettuate in epoca neonatale. Questa scelta terapeutica, non sperimentale e supportata da solide basi scientifiche, è un’opzione importante per le donne gravide a cui è stata diagnosticata tale malformazione fetale”.
Conclude il dottor Mortini affermando che “Le evidenze scientifiche internazionali dimostrano che i bambini con spina bifida operati in utero hanno meno conseguenze neurologiche dopo la nascita e maggiori possibilità di recupero rispetto a quelli operati da neonati. Il processo di riparazione prosegue infatti nelle settimane di gravidanza successive all’intervento portando verso la normalità le strutture e le funzioni neurologiche del feto”