I negozi multietnici tornano nel focus della Lega. La Senatrice Silvana Camaroli riprende un tema che è da sempre oggetto di interesse del suo partito e propone la modifica delle insegne di negozi multietnici in italiano ed un esame di lingua obbligatorio per i titolari.
La sua proposta di legge è stata depositata il 26 giugno ed stata assegnata alla commissione attività produttive. La Comaroli precisa che dietro a questa scelta non c’è nessun intento discriminatorio, bensì la tutela dei clienti unita all’intenzione di offrire loro un servizio efficiente.
La proposta di legge prevederebbe l’uso delle lingue europee per i negozi multietnici presenti nelle città italiane. Non sarebbe possibile impiegare il Cinese e l’Arabo, mentre sarà possibile utilizzare l’Inglese ed il Francese, assieme ad altre lingue dell’Unione Europea come il Danese e lo Spagnolo. La deputata ricorda che tale iniziativa a Roma risale ai tempi di Walter Veltroni in qualità di sindaco “Allora fu firmato un protocollo d’intesa con la comunità cinese che vedeva nell’impiego della lingua italiana sulle insegne esterne agli esercizi commerciali uno dei presupposti fondamentali per l’attivazione di un nuovo processo di integrazione e coesione sociale”.
Il disegno di legge prevede la possibilità che le Regioni stabiliscano l’obbligo di un test di italiano per chiunque voglia aprire un esercizio commerciale. A Prato, dove la comunità cinese costituisce una corposa parte della cittadinanza impegnata in attività commerciali, il test di italiano è previsto.
Sulla questione si esprime anche Pietro Farina, direttore di Confcommercio Roma, che a Il Messaggero dice “Se il negoziante non parla italiano viene a mancare il necessario servizio di informazione all’utente, quel ruolo di negoziante di vicinato, che assiste le persone, che gli illustra caratteristiche del prodotto, dell’alimento”. E conclude sottolineando come la lingua italiana, unita ad insegne comprensibili siano elementi imprescindibili per una corretta assistenza al cliente.