Miguel de Cervantes ha il merito non solo di aver dato dignità letteraria alla lingua spagnola, ma, come Dante e Shakespeare, ha creato un’opera omnia capace di far riflettere, attraverso l’ironia e la satira su temi quali la politica, l’economia e la cultura
Mentre la Cattolicissima Spagna dell’imperatore Carlo V governava l’impero su cui non calava mai il sole e combatteva con le potenze del vecchio continente, come la Francia di Francesco I per affermarsi anche nei domini del Nuovo Mondo, venne al mondo uno dei più grandi geni della letteratura di tutti i tempi, capace di essere considerato il Dante castigliano, Miguel de Cervantes Saavedra, celebre per il Don Chisciotte de la Mancia.
Il papà del romanzo Don Quijote, considerato tra i capostipiti e precursori della forma letteraria moderna, del romanzo come lo intendiamo a partire dall’800′ nacque ad Alcanà de Hermanes, nell’entroterra castigliano, il 29 settembre 1547, da condizioni familiari modeste.
Dopo aver frequentato el Estudio de Madrid, nel 1570 viene in Italia, esercitando la professione del segretario, presso la corte del Duca di Atri, pratica divenuta tipica con la crisi del mecenatismo, a cui allega anche vicissitudini giudiziarie avute nella Spagna di Don Felipe, che ricalcano quell’alone picaresco sulla sua immagine di intellettuale .
Insieme all ‘intellettuale e all’artista, come altre figure del suo tempo, non disdegna la pratica delle armi. E dopo l’ingresso nella compagnia di Marc’Antonio Colonna, nel 1571, si unisce alla Lega Santa e alla flotta di Giovanni d’Austria, pronta per lo scontro epico con il Nemico Turco,nella battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571.
Proprio questo evento segna la vicenda umana ed intellettuale del Cervantes, che perde l’uso della mano sinistra, senza però placar l’ansia che alimenta quella stagione e quel periodo,vissuto tra Italia, Grecia e Turchia. Ricco di battaglie, luoghi visitati e opere scritte, come la Galatea.
Nel 1575, infatti la nave salpata da Napoli è attaccata da uno dei corsari più temibili del Mediterraneo, Arnaut Mami, catturando lo scrittore, tenuto in stato di prigionia ad Algeri fino al 1580.
E proprio secondo la leggenda, la prigionia sarebbe stata la condizione capace di far partorire l’opera summa della letteratura spagnola, nonché la prima parte del romanzo edito nel 1605.
Nonostante no fosse un umanista, all’interno dell’opera viene creato una mera operazione di disvelamento del poema eroico-cavalleresco, distruggendone tutti i miti, di un filone molto vivo nella letteratura di consumo, a cui allega tratti del genere picaresco, come si evince dalla figura di Sancho Panza, scudiero dello pseudo cavaliere errante, alla ricerca della sua Reconquista anacronistica.
Rapporto certamente privilegiato, è quello che oppone la mente del protagonista, Alonso Chisciano, chiusa in un’utopia fatta di belle pagine di avventure cavalleresche, ma che , progressivamente, deve scontrarsi, anche fisicamente con la crudeltà del presente e della realtà della Spagna del XVI Sec, della politica contro i Conversos e contro i Moriscos, insieme alla crisi economica che affligge l’impero Spagnolo, dedito a guerre permanenti tra i suoi domini e nemici esterni, come la nascente Inghilterra.
L’opera, quindi è una critica satirica contro tutti i pilastri della società del suo tempo, dalla nobiltà, mero spettro politico legato ai suoi privilegi, dinanzi alle problematiche presenti; la religione, divenuta obsequio sotto la morsa feroce della Controriforma Spagnola, che distrugge la civiltà intellettuale nata con Carlo V; culminando con la caduta di tutti quegli ideali di cui ancora si faceva baluardo lo stesso Impero Spagnolo e la società civile, incapace di guardare oltre l’abisso in cui stava precipitando .
Inoltre, tra gli indubbi meriti del Cervantes, vige quello di aver reso dignità letteraria, al pari di Dante e Shakespeare, all’ idioma spagnolo, come si evince dal numero dal numero di istituti di lingua e cultura presenti spagnola presenti nel mondo.