Dopo 157 anni di repressione l’India diviene il 124esimo Paese ove l’omosessualità è accettata e resa legale.
In India si festeggia la vittoria della comunità Lgbt sull’ articolo ormai retrogrado che non lasciava liberi di vivere sereni tutti coloro che avessero una sessualità fuori dal’”ordinario”.
Già nel 2009 l’Alta Corte di Delhi si era soffermata sull’irrazionalità dell’articolo 377 del codice penale, nato in epoca coloniale, e che decretava il carcere a vita per i membri Lgbt. Si cominciò così a puntare lo sguardo alla libertà individuale violata ma fu un primo tentativo fallimentare, dato che solo quattro anni dopo, a seguito di una petizione, emanata da gruppi religiosi cristiani, musulmani e indù, e sebbene in vigore solo a Delhi, la sentenza venne annullata.
Oggi, invece, Dipak Misra, presidente del collegio della Corte Suprema si esprime in maniera nettamente diversa da come sarebbe accaduto in passato, asserendo con forza che “criminalizzare l’omosessualità è un’atto indifendibile”.
Misra definisce l’articolo 377 “un’arma per la persecuzione”, che seppure poche volte interamente applicato, ha senz’altro dato man forte ad una politica del terrore, fondata sulla persecuzione.
Lo scorso luglio 5 giudici della Corte Suprema avevano accolto le testimonianze di individui omosessuali noti e ignoti all’opinione pubblica, mentre il governo nazionalista capeggiato da Narendra Modi, conservatore circa le questioni sociali, non si era dichiarato in alcun modo sull’argomento.
L’europa guarda a tale risultato con approvazione ribadendo che “l’’Unione europea è fortemente impegnata per l’uguaglianza e la dignità di tutti gli esseri umani indipendentemente dal loro orientamento sessuale e identità di genere”.