L’8 giugno è una data importante, per diversi eventi e accadimenti storici. Uno di questi è sicuramente l’invasione dell’Italia da parte di Attila.
In tale data, nel 452, Attila entrò in Italia, devastando l’Aquileia e giungendo fino alla Pianura Padana. Qui venne raggiunto, anziché dall’esercito romano, da una missione diplomatica inviata dal senato romano e capeggiata da papa Leone I.
Proprio loro, dopo aver invaso l’Italia fecero crollare l’Impero Romano d’Occidente nel 410. Anche se la data ufficiale si fa risalire al 476, quando il capo dei Visigoti, Odoacre si proclamò re d’Italia.
Soprannominato il “flagello di Dio” per la sua forza distruttrice, governó gran parte dei territori che si estendevano dall’Europa centrale al Mar Caspio, giungendo in Italia il 28 giugno.
Un’invasione feroce, proprio come suggeriva il soprannome col quale Attila era soprannominato.
La sua sete di conquista non si arrestò facilmente, e si narra che solo dopo l’incontro con il pontefice Leone I, Attila mise fine alla pretesa di conquistare Roma.
A seguito dell’incontro tra i due, nacque una leggenda secondo la quale, le parole del sovrano riuscirono a fermare quelle che furono definite delle vere e proprie “manie di conquista”. Su quell’incontro sono nate grandi leggende, tramandate da un celebre filone artistico tra cui l’affresco di Raffaello nella stanza di Eliodoro, una delle stanze vaticane. La leggenda ecclesiastica racconta di come il Papa, in compagnia dei Santi Pietro e Paolo, abbia convinto Attila a non proseguire la sua avanzata verso Roma per tornarsene a casa sua in Ungheria.
In realtà, al di là della sacralità delle parole si Papa Leone I, si pensa che fu la minaccia degli eserciti degli imperatori d’Oriente a farlo tornare sui suoi Attila, quindi, ritornò in Romania, ove l’anno seguente fu assassinato da alcuni parenti proprio la notte del matrimonio con una delle sue tante mogli.
L’8 giugno: tra storia e leggende
Nella primavera del 452 Attila, a capo di un esercito multietnico principalmente composto da tribù germaniche, invase l’Italia, per poi arrendersi sotto la pressione dei vari sovrani e imperatori d’Oriente.
Quella condotta in Italia fu una vera e propria “campagna di conquista”, dalle enormi proporzioni e dal profondo significato storico.
Inoltre, la decisione di invadere Aquileia fu assolutamente strategica, come molti storici hanno dichiarato.
Quella specifica area era un vero polo militare romano, considerata la quarta città per importanza nel territorio italico, dopo Roma, Milano e Capua, ed era l’unica città, oltre a Roma, che aveva il potere di coniare monete.
Dunque, conquistarla significava avere il controllo dell’Italia settentrionale.
Proprio con la conquista di Aquileia molte persone preferirono rifugiarsi altrove; scapparono in una zona limitrofa, non di certo salubre ma sicura. Una zona poco produttiva, incolta, ma che avrebbe donato sicurezza a quelle famiglie, spaventate dalla potenza e dalla ferocia dell’esercito di Attila.
Proprio quell’area sarebbe successivamente diventata l’attuale Venezia, formata all’epoca da circa dodici insediamenti circondati da acqua e quindi difficili da attaccare.
La campagna italiana di Attila si concluse con il ritiro di colui che era definito il più potente sovrano degli Unni.
Ma è importante ricordare che Attila penetrando in Italia, ad Aquileia, distrusse un mito invalicabile da secoli, quello secondo il quale la città fosse impossibile da conquistare.
L’8 giugno il “flagello di Dio”, riuscì dove nessuno era riuscito prima. E probabilmente proprio per questo fu soprannominato in tale modo.