La casata Borbone, dopo nefasti eventi rivoluzionari e la fase napoleonica-murattiana, ritornava a sedere sul trono con il Congresso di Vienna, presieduto da Metternich e l’incipit della Restaurazione tra 1814-15.
L’8 dicembre 1816 è la soglia simbolica in cui il nuovo cursus della casata Borbone si materializza, attraverso una riunificazione politica – territoriale di due corone, tenute separate con le rispettive capitali di Napoli e Palermo da largo tempo e da diverse dinastie e vicereami.
La capacità di persistenza è data da un fatto da tener conto, ovvero l’effetto non traumatico dato dai vari potentati sul piano istituzionale-giuridico, con avanzamenti progressivi o integrati senza incappare in crisi.
La costituzione di un ordinamento politico-istituzionale nel meridione aveva origine bassomedievale, risalente all’espansione e conquista normanna sugellata dal beneplacito feudale e pontificio, ultimata nel 1139 con Ruggero II d’Altavilla.
L’avvento normanno eliminò il particolarismo politico-terrirritoriale, vigente tra potentati vari come il ducato d’Amalfi, l’influenza degli esercati bizantini sul ducato di Napoli e vari territori soggetti al dominio longobardo tra Salerno e Benevento oltre alla presenza di aree soggette a dominio arabo, come la Sicilia e entroterra pugliese.
La base normanna durante la conflittualità seguita tra baronaggio locale (fattore di instabilità endemico per tutta i secoli a venire), prima con l’ascesa della casa Sveva, pronta a stabilirsi con Federico II e l’avvento della costituzione di Melfi del 1231 con capitale Palermo, fino all’avvento dell’età angioina con Carlo I nel 1266.
Gli eventi bellici di Benevento – con conseguente morte di Manfredi – e di Tagliacozzo segnarono la disfatta definitiva della casa Sveva – con la morte di Corradino Hohenstaufen– , ma allo stesso tempo segnarono la nascita dell’urbanizzazione dei terrori peninsulari, a partire da Napoli.
Il capoluogo campano divenne dimora della casa Angioina, creando disaffezione da parte dei sudditi siculi a cui fece eco l’immissione di notabili e clericali francesi, ma allo stesso tempo con l’età di Roberto “Il Saggio”, un’epoca inimitabile segnata da una corte avente splendore con personalità intellettuali-artistiche quali Boccaccio e Giotto.
Parimenti la lacerazione del regno fu sancita dalla lunga conflittualità della “Guerra dei Vespri”, il cui esito definitivo costituirà la scissione della corona del regno di Sicilia e l’avvento del regno di Trinacrìa con Pietro III d’Aragona, che permarrà nella prima metà del XV sec con la definitiva ascesa della casa d’Aragona con Alfonso V detto il Magnanimo.
Durante i Vespri (1282-1372) sorge nell’isola sicula il rafforzamento e l’espansione ai danni della casa d’Angiò aggravati dalla crisi dinastica oltre che dal desiderio di numerosi esponenti della casa d’Ungheria e di potenze locali di mettere le mani sul “bel regno”.
Infatti, alla morte di Alfonso, egli ripartì, onde evitare anche la ripresa di conflitto tra sudditi, le autonomie locali e corona, tra il figlio don Ferrante e il fratello Giovanni, dopo che egli aveva avuto il lodo papale da Eugenio IV nel 1443 per ricoprire entrambi i ruoli.
Tale divisione sarà inalterata durante i vari vicereami spagnolo prima e austriaco poi, inalterato anche durante l’età napoleonica e murattiana, come lo era stato con l’avvento di Carlo di Borbone nel 1734.
A simboleggiar il rapporto dialettico tra nuovo cursus e tradizione regnate dei Borbone, vi era certamente il cambiamento di onomastico del sovrano Ferdinando, una ramificazione maggiormente territoriale con la cessione di Malta alla corona inglese parimenti autonomo resterà il territorio di Benevento come ai tempi normanni.
Il regno delle Due Sicilia vedrà l’estinzione e inglobamento nel 1860-61 con il processo risorgimentale e l’Unità d’Italia.