Una realtà degna dell’immaginazione dei grandi scrittori di fantascienza; Asimov, Philip Dick, Arthur C. Clarke, solo per citarne alcuni, staranno sghignazzando da qualsiasi posto si trovino in questo momento. Infatti sta arrivando il tempo in cui la auto cammineranno da sole, in cui potremo trovarci allo stadio, per una partita in una virtualità che mai fino ad oggi abbiamo sperimentato e seguire un concerto della nostra band preferita come se stessimo tra gli spettatori; correlazionarci con le piante, gestire i loro bisogni e l’impatto con l’ambiente, insomma l’intelligenza artificiale come la migliore amica con la presenza di droni che potranno sostituire l’uomo in quasi tutte le sue attività. Il tutto porta il nome di “Internet things”, l’Internet delle cose che è già partito con l’avvento del 5G, la quinta generazione del”interconnessione globale, mille volte più veloce del 4G. Sembra tutto così meraviglioso che non possiamo non domandarci: ma l’uomo è pronto per un cambiamento del genere? e ancora, potrebbero esserci delle controindicazioni a cotanta scienza? Le risposte non danno certezze perchè, se da un lato coloro che stanno costruendo e che promuovono il nuovo “mondo web” manifestano solo entusiasmo (le nove città italiane tra cui Milano, Roma, Bari, Torino, che hanno iniziato la sperimentazione stanno lì a dimostrarlo), dall’altro, gli scettici ci fanno sapere che il 5G utilizzerà frequenze finora mai usate e dunque potenzialmente dannose, perchè mai studiate a fondo. Le sue onde, chiamate millimetriche, sono molto piccole e per poter funzionare hanno bisogno della presenza di una miriade di antenne trasmittenti in più dell’attuale sistema e la cui presenza preoccupa alcune frange degli studiosi. Inoltre coloro che lanciano l’allarme per l’uso della nuova rete affermano che questa “quinta generazione”, in Europa sarà illegale fino a quando non ci saranno scrutini e votazioni nelle varie nazioni atti ad autorizzarla. Una vera battaglia tra le due posizioni, diametralmente opposte, che si può “facilmente” risolvere con il “principio di precauzione”, che consiste nell’impegno delle società coinvolte nella produzione “high tech” di attuare studi di ricerca per rassicurare tutta l’opinione pubblica sulla mancanza di effetti nocivi di queste radiazioni. Certo è, che nel caso specifico, ci sarebbe bisogno di una lunga serie di grossi investimenti che questo tipo di industrie non saranno felicissime di fare, senza contare eventuali scoperte che confermerebbero possibilità cangerogene. Verrebbero, correttamente rese note o cosa? Il progresso può regalare all’umanità opportunità meravigliose, ma la salute degli esseri umani viene prima di tutto. Speriamo che tutti lo capiscano.