Il 5 dicembre del 1546 un fortissimo sisma sconvolse la Campania, causando ingenti danni a persone e cose.
Fu un evento drammatico che scombussolò drasticamente la quotidianità del Regno di Alfonso V d’Aragona, detto il Magnanimo.
Devastazione, città rase al suolo e tante vittime
Il terremoto fu talmente violento da essere avvertito nettamente in Toscana e, addirittura, in Sicilia.
Si verificò anche un maremoto che colpì le coste ioniche tra Gallipoli e Taranto.
Ebbe, come detto inizialmente, una notevole risonanza, tant’è che ancora oggi è considerato uno dei terremoti più distruttivi registrati in Italia durante il millennio.
Quel 5 dicembre del 1546, alle ore tre del mattino, una lunghissima scossa sismica di ben due minuti, devastò l’Italia centrale.
Si pensò subito che l’epicentro fosse l’Irpinia e nonostante non vi fossero certezze a tal proposito, gli storici che ancora oggi studiano quel terremoto, non smentiscono tale ipotesi.
Coinvolte dal forte sisma diverse località, tra le quali alcune zone della Lucania, la Campania e le regioni circostanti.
Bajano fu quasi del tutto cancellata, insieme ad Ariano Irpino, San Giorgio del Sannio, Vinchiaturo, Grottaminarda, Teramo, Rivisondoli, Roccaraso, Castel di Sangro.
Benevento fu quasi interamente rasa al suolo, e registrò purtroppo tantissime vittime.
Nel Regno di Napoli vi furono ben 30.000 mila vittime; i crolli furono tantissimi e di notevole portata, dal campanile della Basilica di Santa Chiara al cedimento della Chiesa di San Domenico Maggiore, completamente distrutta.
5 dicembre 1456: una vera e propria catena sismica
A raccontare la devastazione di quegli interminabili due minuti di terrore, una lettera scritta da Papa Pio II, inviata all’imperatore Federico III d’Asburgo, nella quale raccontava di 30 mila palazzi crollati.
Il terremoto del 5 dicembre del 1456 è considerato dagli geologi un “evento multiplo”, dunque con più aree epicentrali dislocate lungo la catena appenninica.
Secondo quanto affermato recentemente dagli studiosi, sembrerebbe che quel sisma sia stato generato da un’unica sorgente o da una attività simultanea di più strutture: una sorta di reazione a catena, dall’Abruzzo all’Irpinia.
L’analisi storiografica, oggigiorno, tende a ridimensionare gli effetti del terremoto dal punto di vista territoriale e demografico propriodelle regioni colpite, in particolare l’Abruzzo, dove la storiografia locale aveva segnalato un processo di decastellamento, con l’abbandono dei siti fortificati in altura e la concentrazione della popolazione in pianura.
Ricordiamo che dopo la prima scossa del 5 dicembre, si verificarono molte repliche, quella del 30 dicembre di violenza pari alla prima, e altre che continuarono fino a gennaio del 1457.
In seguito, la forte entità e soprattutto le tante vittime del terremoto del 5 dicembre, dette l’impulso alla realizzazione di un catalogo storico per classificare i terremoti; si tratta di un vero e proprio manoscritto, redatto da Giannozzo Manetti, ambasciatore fiorentino a Napoli, che stilò una dettagliata relazione degli effetti di quel terremoto, terremoto.
Un sisma senza precedenti che ha segnato la storia dell’Italia centro-meridionale, portando al collasso il tessuto sociale e demografico di interi territori che oggi va ricordato, soprattutto per le tante vittime.