Il 4 aprile è la giornata mondiale contro le mine antiuomo.
Istituita dall’Onu nel dicembre del 2005, scopo della giornata è la sensibilizzazione dell’opinione pubblica mondiale sulla presenza problematica degli ordigni bellici inesplosi o adottati a livello strategico.
Annualmente si calcolano tra lelle set e le ottomila vittime, di cui la maggior parte ancora oggi costituita da bambini, stando a quanto riferiscono i dati Unicef.
La giornata nasce a seguito della ratifica, avvenuta nel 1997, della Convenzione sul divieto di uso, stoccaggio, produzione e trasporto di mine anti-uomo.
La medesima scelta per la ricorrenza non cade casualmente. Anzi.
La scelta veniva anche ad omaggiare la memoria di Martin Luther King, leader del movimento pacifista per i diritti civili e ucciso il 4 aprile 1968 a Memphis.
La convenzione venne sottoscritta da 156 paesi.
Da quella soglia simbolica sono circa centinaia di milioni le scorte di mine anti-uomo distrutte.
Annualmente l’ONU mette a disposizione fondi, programmi, happening e agenzie allo scopo di sensibilizzare e promuovere pubblico e privato nell’attività di ricerca e neutralizzazione di mine e ordigni bellici inesplosi.
Parimenti a tali attività, viene svolta anche l’attività assistenziale per le vittime di ordigni antiuomo, insegnamento di tecniche da adottare all’interno di un ambiente contaminato da mine inesplose, quanto la distribuzione del materiale bellico.
Il tutto si confà alla ricerca di sensibilizzazione verso nuove sottoscrizioni ai punti siglati nel trattato del 1997.
Negli anni che portarono alla ratifica rilevante agli occhi dell’opinione pubblica fu l’opera svolta da Lady Diana Spencer.
Ad oggi, infatti, a distanza di circa un quindicennio dall’istituzione della giornata mondiale, la problematica è ancor persistente.
Al di là dello stragrande impiego durante i due conflitti mondiali, anche nelle guerre cronologicamente più vicine al presente hanno conosciuto e praticato il campo minato.
Tale dato è ricavabile dall’impiego fattone nelle guerre etniche negli ex territori della Jugoslavia, oppure nella ancora vivida guerra in Siria.