La storia italiana, ma non solo, è ricca di eventi drammatici legati alle strade, tuttavia quello che si verificò il 28 luglio 2013 é ricordato come il più grande sinistro autostradale del nostro paese.
In questa data, infatti, persero la vita 40 persone che si trovavano a bordo di un bus turistico precipitato dal viadotto di Acqualonga sul tratto autostradale che collega Baiano ad Avellino.
28 luglio 2013: cronaca di una strage
Sono le 20:30 di una giornata di luglio che per i passeggeri a bordo del bus volgeva al termine dopo una spensierata uscita fuori porta.
Il pullman di ritorno da Pietrelcina,citta Natale di San Pio,faceva rotta verso il napoletano.
È l’inizio di una serata da incubo.
Sono le 20:30 quando un guasto all’impianto frenante innescò la folle corsa del bus,che prima dello schianto finale, coinvolse diverse autovetture e causò, oltre alle 40 vittime, diversi feriti. Dopo la galleria Quattro Cupe di Monteforte Irpino, infatti, un giunto cardanico dell’albero di trasmissione si ruppe tranciando l’impianto frenante. Il bus diventò ingovernabile, nessun tipo di freno fu più utilizzabile e il veicolo cominciò a sbandare. L’autista cercò di farlo rientrare in carreggiata, ma il guardarail non resistette all’impatto lasciando, così, che il veicolo precipitasse per circa 30 metri.
Immediati i soccorsi.
Le operazioni di recupero e salvataggio furono rese difficili dalla boscaglia sottostante.
Molte delle vittorie furono estratte dal veicolo già prive di vita e in condizioni che resero difficile il riconoscimento mentre i tre gravi feriti persero la vita nei giorni successivi.
L’inchiesta e la sentenza finale
La straordinarietà degli eventi verificatisi il 28 luglio 2013 diede via ad un inchiesta a tutto tondo.
Sottolineando anche come in molti casi la sicurezza delle autostrade fosse resa scarsa dal mancato adeguamento e la poca manutenzione.
La Procura aprì un fascicolo per omicidio colposo plurimo e strage colposa.
Dei quindici imputati rinviati a giudizio otto sono state le condanne e sette le assoluzioni.
La condanna più severa è stata per Gennaro Lametta, proprietario del bus: per lui 12 anni di reclusione.
Mentre destò molta rabbia tra i parenti delle vittime l’assoluzione dell’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci.