Il 25 aprile del 1945, il comitato Per La Liberazione Nazionale dell’Alta Italia formato tra l’altro da Sandro Pertini, nostro indimenticato Presidente della Repubblica, proclamò l’insurrezione generale su tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze Partigiane di attaccare i presidi fascisti e tedeschi, imponendo loro la resa prima dell’arrivo delle truppe alleate, al grido di “arrendersi o perire“. L’insurrezione porto così alla liberazione dei maggiori capoluoghi del Nord Come Milano e Torino e a seguire del resto d’Italia
Questa dunque la data che sancì la ripresa del territorio italiano da parte dei Patrioti. La liberazione pose pertanto fine ad un ventennio di dittatura fascista, oltre che a 5 anni di guerra e la data del 25 Aprile, rappresenta simbolicamente il culmine della fase nella quale la resistenza avviò l’effettiva ripresa del territorio. Successivamente su proposta del presidente del consiglio, Alcide De Gasperi, del re Umberto II, allora principe e luogotenente del Regno d’Italia, il 22 aprile del 1946, fu emanato un decreto legislativo luogotenenziale che indicava la data del 25 Aprile 1946 come festa nazionale.
Tale data però oltre che festeggiare la liberazione del suolo italico, vuole essere un tributo e rendere onore alla memoria, per il sacrificio di quanti combatterono e caddero per la difesa della patria! 330.000 mila i militari italiani deceduti e 150.00 le vittime civili, che portano a mezzo milioni il numero dei caduti italiani per la patria.
Sarebbe pertanto auspicabile, che un così elevato sacrificio, segno tangibile della nobiltà e del valore dei nostri padri, venisse rispettato oggi da quelle correnti politiche che invece auspicano una separazione territoriale, in ossequio a non ben chiari principi di disuguaglianza, che vanno contro la nostra identità nazionale e che violano il sentimento comune di unità.