Che il novecento sia stato un secolo di granfi rivoluzioni è indubbio. Dalla società alla scienza le grandi conquiste di oggi partono da lì. Ulteriore conferma di ciò arriva dal fisico statunitense Edwin Hubble.
Il 23 novembre 1924, infatti, Edwin Hubble pubblicò lo studio frutto delle sue osservazioni astronomiche con il quale dimostrava che la Via Lattea non è l’unica galassia dell’universo e che le nebulosa a spirale, dove di trova la costellazione Andromeda, è anch’essa una galassia.
Edwin Hubble: la vita di un astronomo
Edwin nacque in una piccola città del Missouri e nel 1898 la sua famiglia si trasferì a Chicago dove studiò.
Nella sua carriera scolastica nulla fece presagire quanto il suo interesse, manifestato sin dalla giovane età, per le stelle lo avrebbe condotto lontano.
Non uno studente brillante, quindi.
Fatta eccezione per lo sport. Molto portato per l’atletica, detenne per il salto in alto a lungo il record dell’Illinois.
Negli studi universitari scelse inizialmente una strada diversa da quella scientifica, si laureò infatti in legge. Dopo un brevissimo periodo però do esercizio della professione decise di dedicarsi all’astronomia.
Gli studi sulla galassia
All’inizio del ‘900 gli astronomi ritenevano che la nostra galassia fosse l’intero universo e misuravano distanze di poche migliaia di anni-luce.
Come dicevamo però il ‘900 è stato secolo di grandi rivoluzioni.
Nel primo decennio di essi, infatti, già Harlow Shapley mostrò che la nostra galassia si estendeva per più di 100.000 anni-luce e Henrietta Leavitt stabilì che almeno due Nebulose, le Nubi di Magellano, erano ai bordi della galassia.
Quella che Hubble pubblicò il 23 novembre 1924, però fu la vera svolta.
Servendosi del più grande telescopio allora disponibile, l’Hooker da 2,5 m di diametro, cominciò ad esaminare la Nebulosa di Andromeda. All’interno di questa osservò delle stelle (Cefeidi, variabili, presenti anche nella nostra galassia) di cui riuscì a determinare la distanza in più di un millione di anni-luce. Dimostrò così che si trattava di un’altra galassia, simile alla nostra; determinò poi le distanze di altre galassie spostando i confini dell’universo a centinaia di milioni di anni-luce.
I suoi studi proseguirono e confrontando poi le distanze delle galassie osservate, misurate attraverso la loro luminosità, con le velocità di allontanamento, calcolata dal redshift misurato (effetto Doppler), nonostante i pochi dati disponibili ipotizzò nel 1929 una relazione di proporzionalità diretta, ora nota come legge di Hubble, la cui spiegazione più semplice fu rivoluzionaria: l’universo si espande.