E’ il 2 novembre 1983, giorno in cui il presidente degli Usa, Ronald Reagan, dedica una festa a Martin Luther King.
King è ricordato dal mondo intero per la tenacia, con cui lottò per l’affermazione dei diritti civili degli afroamericani.
Erede di Gandhi e di Richard Gregg, teorico della lotta non violenta, fu uno dei più grandi pacifisti della storia dell’umanità. Senza spargere sangue, King ottenne, difatti, importanti vittorie.
Martin Luther King: biografia e pensiero
Prima di arrivare al 2 novembre 1983, occorre presentare, egregiamente, l’oratore del discorso “I have a dream”.
King nasce ad Atlanta, città ove rimarrà per l’intera durata della prima giovinezza, frequentandovi le scuole e il college.
Fin dall’età adolescenziale, il grande pacifista dimostrò le sua abilità oratorie, divenendo vice direttore di un giornale e vincendo in competizioni di retorica.
Inizialmente, ambì alla professione medica o legale, ma in seguito, decise di seguire le orme del padre, facendosi pastore.
Trasferitosi in Pennysilvania, King iniziò i suoi studi teologici e frequentò diverse ragazze, fra cui una, non di colore, che avrebbe voluto sposare.
Studiò, con grande passione, il pensiero di Gandhi e ebbe un’ottima formazione religiosa. Esercitò la sua professione di pastore spirituale in una delle città del sud degli Usa più violente e razziste.
Nel 1955, il caso di Rosa Parks, donna di colore che si rifiutò di cedere il suo posto in autobus ad un uomo bianco, ispirò la prima mossa di King, per abbattere il muro che si era venuto a costituire tra comunità “nera” e comunità “bianca” degli Usa.
Il pastore protestante agì, quindi, di conseguenza, invitando a una rivolta silenziosa, ma capace di lasciare il segno. Fu stabilito che il 5 dicembre 1955, nessun nero sarebbe salito su un bus.
Bastò questo semplice gesto perché la comunità afroamericana creasse un buco nel sistema: gli autobus furono del tutto ignorati, per un lungo periodo dagli afroamericani, causando così non pochi danni alle linee degli stessi.
Ben presto, la situazione degenerò, fino ad arrivare al bombardamento della casa di Martin Luther King. Tale evento fece sì che il movimento antirazzista si propagasse a macchia d’olio, e diversi aiuti giunsero anche da Paesi come la Svizzera e il Giappone.
Fondando associazioni e promuovendo campagne antidiscriminatorie, King si fece strada nel mondo e ricevette diverse onorificenze, fra cui la medaglia Spingmarn.
Col tempo, si arrivò alla vittoria più grande: il riconoscimento dei diritti civili degli afroamericani, da parte del nuovo presidente Usa, John Fitzgerald Kennedy.
Continuando la sua battaglia, il pastore nato in Georgia dovette fronteggiare diversi attentati, rischiando la vita spesso.
L’ascesa e la caduta
In particolare, a Birmingham, King coinvolse i più giovani nel suo D-day, un giorno in cui si sarebbe manifestato il discontento degli afroamericani per le loro condizioni.
La polizia diede ampio spettacolo di razzismo, aprendo le pompe antincendio sui ragazzi di colore e sui cani.
Fu così che Kennedy sancì i pari diritti per i bianchi e i neri d’America. Tuttavia, questa decisione fu fatale al presidente Kennedy, che rimase ucciso in un attentato, poco dopo.
King continuò ad organizzare marce e proteste, col fine di riequilibrare la situazione di disuguaglianza ancora vigente fra neri e bianchi, ma un colpo di fucile, una notte del 1968, ferma per sempre anche lui.
L’istituzione della festività federale
Già da tempo, si cercava una data per commemorare il leader dei diritti civili degli afroamericani, ma fu solo con Reagan, che la festività fu istituita legalmente, il 2 novembre dell’83. Nacque così il Martin Luther King Day, tale festa cade il terzo lunedì di ogni gennaio.
Nel 1992, vi erano, però, ancora due Stati che non celebravano tale ricorrenza: l’Arizona e il New Hampshire. E’ solo nel 1993 che la festività è riconosciuta dall’intera federazione statunitense.