Sono passati 160 anni dal 13 marzo 1860, giorno della nascita di Salvatore Di Giacomo, noto intellettuale napoletano. A lui si attribuiscono poesie, novelle e opere teatrali considerate parte importante della cultura partenopea.
Se la canzone napoletana è famosa in ogni angolo del mondo è anche grazie ai suoi versi, poi musicati. Nonostante la fama eccezionale raggiunta da composizioni come Marechiare, il poeta, di solito di carattere gioviale, non amava reclamarne la composizione. Anzi, si racconta fosse estremamente turbato ogni volta che qualcuno volesse complimentarsi con lui per questi successi.
Permaloso, allegro e — secondo alcuni aneddoti — piuttosto avaro, Salvatore Di Giacomo è uno dei protagonisti dell’epoca d’oro della canzone napoletana insieme con E.A Mario, Libero Bovio ed Ernesto Murolo.
13 marzo 1860, nasce Salvatore di Giacomo: da studente mancato di medicina a giornalista
Figlio di un medico e di una musicista, Salvatore di Giacomo decise di frequentare la facoltà di medicina per accontentare il padre. Nel 1886, però, abbandonò gli studi per dedicarsi alla sua vera inclinazione: la scrittura. Divenne redattore della pagina letteraria del Corriere del Mattino diretto da Martino Cafiero. In seguitò passò a Pro Patria e alla Gazzetta.
L’abbandono della facoltà di medicina dipese da un evento traumatico, raccontato però in chiave comica dallo stesso Di Giacomo in una nota pagina autobiografica.
Lo scrittore ci racconta di come un inserviente maldestro rovesciò, alla fine della lezione di anatomia, una tinozza con all’interno membra umane. Al disgusto per la scena, però, seguì, in contrasto ironico, la gratitudine per il bidello a cui deve la sua salvezza.
La pagina autobiografica ci dice dell’inserviente: “dalla faccia butterata e cinica, dall’aria insolente, dalla voce sempre rauca, com’egli era sempre oscenamente avvinazzato, si chiamava Ferdinando. Per la faccia sua, cincischiata a quel modo, i compagni lo chiamavano napoletanamente Setaccio. Io devo la mia salvazione a Setaccio, perché da quel giorno la cantina dei cadaveri non mi vide più e nemmeno l’Università, dove compivo il terzo anno di medicina“.
A Salvatore Di Giacomo è attribuita anche una ricchissima produzione poetica, teatrale e novellistica ispirata dai racconti di Edgar Allan Poe e ed Erckmann-Chatrian.
Nel 1925 aderirà al manifesto del Partito Fascista e nel 1929 sarà nominato Accademico d’Italia. Morirà a Napoli il 5 aprile 1934.
L’epoca d’oro della canzone napoletana: lo chansonnier di Piedigrotta
La prima canzone composta da Salvatore di Giacomo fu per la festa di Piedigrotta nel 1882. Lo spirito della festa e l’atmosfera incantarono il poeta al punto da spingerlo a collaborare con gli organizzatori per tutti gli anni successivi.
Le canzoni di Piedigrotta mettono in risalto i contrasti di una Napoli che è sia plebea sia piccolo-borghese. I temi prediletti per queste composizioni sono amori burrascosi, non corrisposti, tradimenti e passioni irrefrenabili.
Le sue canzoni hanno ottenuto successo non solo alla festa di Piedigrotta ma in ogni angolo del mondo. Ricordiamo, tra le più conosciute e amate Marechiare, Palomma e’ notte, Era de maggio, Luna nova, ‘E spingole frangese.