La tragedia di Lampedusa è stata una delle tragedie più importanti avvenute nel Mediterraneo di tutto il XXI secolo.
La vicenda riguarda infatti il naufragio di una delle imbarcazione libiche usate per il trasporto di migranti clandestini. L’evento è avvenuto il 3 ottobre 2013 presso il porto di Lampedusa, a pochi metri dalla costa, motivo per il quale la vicenda è passata alla storia come “tragedia di Lampedusa”.
Il naufragio è costato la vita a 368 uomini, certi, e di circa altri 20 dispersi, presunti, catalogandosi come una delle più gravi catastrofi marittime del Mediterraneo del XXI secolo. Sono stati salvati 155 superstiti, tra i quali sono presenti anche 41 minori, uno solo dei quali risultava essere accompagnato dalla famiglia.
L’imbarcazione era un peschereccio delle dimensioni di circa 66 piedi, 20 metri, partito dal porto libico di Misurata il 1º ottobre 2013 trasportando migranti di africani provenienti dall’Eritrea, ed era giunta a circa mezzo miglio dal porto lampedusano quando insorsero i primi problemi.
I motori dell’imbarcazione si bloccarono nei pressi dell’Isola dei Conigli. Ciò che ha decretato la fine del viaggio è stato però il comportamento dei passeggeri. L’assistente del capitano, per attirare l’attenzione delle navi che passavano, ha infuocato uno straccio e lo ha agitato producendo molto fumo, il quale ha spaventato i passeggeri creando allarmismo tra essi. Questi si sono quindi accumulati su un unico lato dell’imbarcazione facendola rovesciare, girare tre volte su sé stessa e poi colare a picco.
Alle ore 7:00 alcune imbarcazioni hanno notato i naufraghi e hanno lanciato l’allarme iniziando a caricare superstiti a bordo.
Il capitano dell’imbarcazione, tunisino di 35 anni il cui nome è Khaled Ben-salam, era già stato espulso dall’Italia nell’aprile del 2013.
Il 30 giugno 2015 il Tribunale di Agrigento lo ha ritenuto responsabile di omicidio colposo plurimo, affidandogli una pena pari a 18 anni di reclusione. Egli si è sempre dichiarato un semplice “passeggero”.
Indagati anche i superstiti del naufragio, accusati di reato di clandestinità, a causa dell’ingresso illegale in Italia.
Non è stata aperta alcuna inchiesta, né avviata alcuna indagine, per eventuali errori o ritardi nei soccorsi.
Il 13 febbraio del 2015 la Corte d’Assise di Agrigento ha condannato il somalo Mouhamud Elmi Muhidin, uno dei trafficanti organizzatori del viaggio, a 30 anni di reclusione.
L’Eritrea, in seguito alla strage, ha vietato l’affissione dei manifesti funebri riportsnti i nomi delle vittime.