10 Dicembre 1830. Nasce Emily Dickinson, la poesia in clausura. Non soltanto la più importante voce poetica statunitense del XIX secolo (assieme a Walt Whitman) ma anche una delle maggiori di tutti i tempi. Poesia lirica, la sua, all’opposto del vitalismo di Whitman. Una poesia che oscilla tra solitudine e silenzio, apparentemente immobile, quasi sussurrata, in realtà tesa come la corda di un’arco puntato verso il cielo. Liriche brevi, composte spesso da quartine a rime imperfette, ricche peraltro di assonanze e allitterazioni.
Di più – la Natura è Armonia –
‘Natura’ è ciò che sappiamo –
ma non abbiamo l’arte di dire –
così impotente è la nostra sapienza
di fronte alla sua sincerità”.
Un linguaggio poetico apparentemente semplice, in realtà profondamente complesso e non sempre di facile comprensione. Molto diverso nello stile dalla poesia americana antecedente. Una poesia dalla sintassi e punteggiatura assolutamente moderne. Con trattini al posto dei punti e delle virgole e con l’artificio delle maiuscole (specie a capoverso) a contrassegnare visivamente le parole più significative .
I primi anni
Nata da una famiglia importante di Amherst, città del Massachusetts, era la seconda di tre fratelli (William Austin il più grande e Lavinia la minore) . Suo nonno paterno era stato tra i fondatori dell’Amherst College, nel quale anche il padre avvocato lavorava come tesoriere . Gli studi di Emily non furono continui. Secondo alcuni per motivi di salute, per altri a causa della sua ipersensibilità di fronte agli eventi negativi della vita .
Nel 1844 per la scomparsa di Sophia, cugina e amica, cade in una profonda crisi e viene inviata a Boston per riprendersi.
Non sapendo quando l’alba possa venire
lascio aperta ogni porta,
che abbia ali come un uccello
oppure onde, come spiaggia
Il ritorno a casa
Ritornata ad Amherst, e ripresi gli studi, allaccia varie amicizie (esclusivamente femminili) tra le quali quella con la futura cognata Susan, che sposerà il fratello Austin. Finiti gli studi ad Amherst, passa al Mary Lyon ‘s Mount Holyoke Female Seminary. Ma nel 1848, decide di tornare a casa occupandosi delle faccende domestiche e nel tempo libero alla lettura, allo studio e sopratutto alla poesia. Nonchè al suo amato giardino.
Accendere una lampada e sparire –
Questo fanno i poeti
Ma le scintille che hanno ravvivato –
Durano come i soli –
Ogni epoca una lente
Che dissemina
La loro circonferenza –
Due anni dopo la madre inizia una lunga malattia che la porterà alla paralisi e il preside del locale college muore ad appena 25 anni. Due eventi che provocheranno in lei una nuova e profonda crisi. Crisi che si sarebbe ulteriormente accentuata vedendo la cognata Susan soffrire per i continui tradimenti di suo fratello.
Non è necessario essere una stanza
o una casa per essere stregata.
Il cervello ha corridoi
che vanno oltre gli spazi materiali
L’autoreclusione
Per alcuni la causa dell’autoreclusione della Dickinson sarebbe successiva a un viaggio a Washinghton, compiuto con la madre e la sorella in occasione dell’elezione del padre, a Deputato del Congresso. Durante il quale si sarebbe innamorata, in modo del tutto platonico, di un uomo sposato. Tra le tante tuttavia , un’ipotesi debole e poco verosimile.
Per altri invece l’iniziale amicizia con la cognata Susan, sua amica d’infanzia, si sarebbe trasformata col tempo in un rapporto più profondo. Ed essendo molto religiosa la poetessa avrebbe deciso di rinchiudersi in una sorta di vita contemplativa laica. Susan Gilbert, insegnante sensibile e colta, aveva intuito il talento artistico della futura cognata. Emily considerava Susan la sua musa ispiratrice scrivendole in una lettera “Ho imparato di più da te che da Shakespeare”.
Ci sono poi le ipotesi medico-neurologiche, per spiegare la sua idiosincrasia alla vita sociale. C’è chi ipotizza soffrisse di forti emicranie, chi di epilessia, altri di agorafobia o ancora di crisi ansioso-depressive.
Sentivo un Funerale, nel Cervello,
E i Dolenti avanti e indietro
Andavano – andavano – finché sembrò
Che il Senso fosse frantumato –
La poesia in clausura laica
10 Dicembre 1830. Nasce Emily Dickinson, la poesia in clausura . A un certo punto della sua vita non solo non usciva più di casa, ma a partire dagli anni ’60 nemmeno in giardino. Comunicava col mondo attraverso le poesie,ma in un rapporto monodirezionale senza alcun ritorno, e con pochi intimi attraverso uno scambio di lettere.
Forse non voleva più incrociare lo sguardo di Susan ? Vestita sempre di bianco, non partecipò neanche ai funerali dei genitori, nel 1874 e nel 1882. Erano comunque Susan e suo marito a mantenere economicamente Emily, che non lavorava. E sarebbe stata Susan a preparare l’abito funebre disegnato dalla Dickinson al momento della sua morte.
Le sue 1789 poesie sarebbero rimaste inedite e gelosamente custodite fino alla sua morte, avvenuta il 15 Maggio 1886, quando furono trovate nei cassetti dalla sorella Lavinia. Erano scritte a matita su foglietti ripiegati con cura e cuciti tra loro con ago e filo.
Ma dopo la morte della poetessa, tra Susan e l’amante di Austin (Mabel Loomis Todd) si scatenò la lotta per accaparrarsi l’esclusività della curatela delle poesie . Alla fine la spuntarono il fratello e la sua amante, curatori della prima edizione . Ma la contesa sarebbe proseguita nel tempo con la generazione successiva, attraverso le loro figlie. Mentre Emily aveva già iniziato il suo ultimo e al contempo il suo primo vero viaggio.
Sulla sua tomba una semplice epigrafe probabilmente da lei stessa ideata ricorda la data di nascita (nata) e quella di morte. Ma non dice morta il. Al suo posto un verbo struggente (richiamata). Ritornata dunque al cielo dal quale era discesa. A distanza di quasi due secoli però non abbiamo ancora un quadro preciso di chi fosse realmente Emily Dickinson, tuttora circondata da un alone di mistero. Molti punti oscuri restano nella sua biografia. Ma d’altronde, lei stessa scrisse in una lettera: “L’Abisso non conosce biografi”.
Se potrò impedire a un Cuore di spezzarsi
Non avrò vissuto invano
Se potrò alleviare il Dolore di una Vita
O lenire una Pena
O aiutare un Pettirosso caduto
A rientrare nel suo nido
Non avrò vissuto invano.